Un Tesoro Nascosto: I Reperti Trovati a S. Casciano dei Bagni
Nei pressi del piccolo comune toscano di S. Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, ha avuto inizio nel 2019 una campagna di scavi archeologici intorno a una sorgente di acqua termale. La ricerca è guidata tuttora da Jacopo Tabolli, professore di archeologia all’Università per Stranieri di Siena, e affiancata da Emanuele Mariotti, archeologo per conto del comune di S. Casciano e direttore degli scavi. Dal novembre del 2022, è emerso qualcosa di straordinario, considerato dagli esperti il più grande tesoro etrusco dell’Italia e del Mediterraneo antichi: 24 statue in bronzo di epoca etrusca e romana, in ottimo stato di conservazione, oltre a attrezzi medici come bisturi e specilli, modelli di organi di animali usati in pratiche divinatorie, numerosi bronzetti sacri “simbolici” come offerte “per grazia ricevuta” (i cosiddetti “ex-voto”) e 50 mila monete d’oro, argento e bronzo. Tutti questi reperti sono stati ritrovati nel fango caldo del Bagno Grande, un insieme di vasche collegate alla sorgente, considerata sacra sia dagli Etruschi che dai Romani. Questo ritrovamento testimonia una convivenza pacifica tra le due culture, un contesto di pace in mezzo ai conflitti, e potrebbe riscrivere la storia del rapporto tra i due popoli, apparentemente diverso da quanto creduto in precedenza. Mentre all’esterno si combattevano guerre sociali e civili, all’interno del santuario le famiglie delle élite etrusche e romane facevano insieme offerte votive alle divinità curative, quali principalmente Apollo, la Fortuna Primigenia e Igea, la dea greca della salute e della guarigione. Sulle statue in bronzo si sono conservate perfettamente iscrizioni sia in Latino che in Etrusco, grazie all’azione protettiva del fango e dell’acqua termale, dove sono citati i nomi di potenti famiglie etrusche della zona e dell’Etruria interna, vale a dire l’Umbria. Questi reperti sono considerati i più importanti dopo i Bronzi di Riace, scoperti in Calabria nel 1972, dato che la maggior parte delle sculture etrusche conosciute finora era in terracotta. La maggior parte dei reperti è datata tra il secondo secolo a.C. e il primo d.C., periodo di profonda assimilazione da parte di Roma delle diverse culture che aveva “assorbito”, compresa quella etrusca, con la quale aveva anche conteso il controllo della penisola italiana. Questa scoperta aumenta quindi il valore di questi reperti, dimostrando che la contesa non fu l’unica forma di relazione tra i due popoli.
Anche questa campagna di scavo è avvenuta all’insegna della multiculturalità, come racconta il professor Jacopo Tabolli, affermando che “L’Archeologia non è mai il lavoro di un singolo ma il risultato dello sforzo di tanti. Le scoperte inattese che si sono dischiuse sotto di noi non sarebbero mai state possibili senza la passione dei tanti studenti delle università italiane e straniere […] in un contesto come quello del Bagno Grande”, definendo quest’ultimo come “una palestra unica per i giovani archeologi”, data la sua stratificazione storico-culturale.
La Soprintendenza all’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo ha sostenuto fin dall’inizio l’impresa di scavo e la sua multidisciplinarietà, costituita da una vasta squadra di archeologi, architetti, geologi, archeobotanici ed esperti di epigrafia e numismatica. Inoltre, è in programma la creazione di un “parco archeologico” per valorizzare il sito e i suoi reperti, nonché consentirne la fruizione futura da parte del pubblico.
Così, finalmente, si presenteranno ai nostri occhi le meraviglie di un luogo che, dopo il quinto secolo, venne abbandonato con l’avvento del Cristianesimo, ma non distrutto. Le sue vasche furono sigillate con pesanti colonne di pietra e le statue delle divinità e gli oggetti sacri furono deposti con rispetto sul fondo dell’acqua, testimoniando l’importanza e la sacralità dell’Acqua con i suoi poteri terapeutici e “miracolosi”. Tra le scoperte spicca la splendida statua di Pan, il dio dei boschi, e il bellissimo putto di età ellenistica, con al collo la sua “bulla”, un amuleto protettivo, che ci regala ancora oggi, dopo duemila anni, il suo tenero sorriso di bambino.
Vittoria Montemezzo
Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.
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