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Giovedì sera siamo stati ad assistere ad un allenamento del progetto Volley a 4 Ruote di Pavia, al quale partecipa anche la nostra segretaria, Maria Rosa. Ecco le nostre impressioni!
Nonostante fosse molto eterogeneo, il gruppo di atleti è apparso fin da subito estremamente affiatato, sia tra di loro che con la preparatissima allenatrice e gli aiuto-allenatori.
Alice Brignone, terapista occupazionale e giocatrice di pallavolo, è l’energica allenatrice della squadra. Ci spiega che gli esercizi che gli atleti svolgono durante il riscaldamento sono pensati non solo per essere utili in campo, ma anche e soprattutto nella vita quotidiana. Sollevarsi ed abbassarsi sulla carrozzina, raccogliere e spostare oggetti da terra, muoversi su superfici difficoltose e fare lo slalom tra gli ostacoli sono tutte azioni utili sia nello sport che a casa che nelle azioni di tutti i giorni. Inoltre, ad ogni allenamento si cerca di proporre agli atleti degli esercizi nuovi, sia per stimolarli a compiere nuovi movimenti, che per evitare che si annoino.
Alice studia ogni movimento (sia riscaldamento che gesto tecnico) in modo da proporlo in maniera personalizzata seguendo le potenzialità di ogni atleta (ad esempio la battuta a pugno dal basso o in schiacciata dall’alto).
Trattandosi di una disciplina sportiva appena creata, il regolamento è ancora in costruzione ma si vuole mantenere il più possibile l’impostazione del volley standard.
Ci siamo in realtà ritrovati a partecipare ad una serata un po’ atipica, poiché erano presenti diversi ospiti, tra cui un cronista di TelePavia che ha fatto alcune interviste e ripreso le varie fasi dell’allenamento. Trovate il video del servizio a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=Y8hfH24UOuk&app=desktop
Ciò che è comunque emerso da tutte le fasi dell’allenamento (che si svolge a Pavia ogni giovedì dalle 20:00 alle 22:00) è l’estremo entusiasmo con cui esso è vissuto sia dagli atleti che dagli allenatori: il gruppo trasmette un’energia ed una gioia davvero contagiose.
Non sono mancati imprevisti, come un problema tecnico alla carrozzina di Dory, prontamente risolto con una riparazione al volo direttamente in campo. D’altronde anche gli imprevisti fanno parte del gioco!
Vale, il membro più giovane della squadra, ci racconta di aver sempre sognato di giocare a pallavolo, perché da bambina guardava Mila e Shiro in tv, ma di aver sempre pensato che sarebbe stato impossibile per lei.
Franco, che nel tempo libero si allena anche con la sua handbike, racconta che l’esercizio più faticoso sono i palleggi continui al muro, perché dopo aver percorso 35-38 km in handbike la mattina, i muscoli delle braccia protestano.
Esistono diversi altri sport praticati in carrozzina, alcuni di essi prevedono addirittura del contatto anche abbastanza violento come il basket o l’hokey… quindi come mai un progetto di pallavolo in carrozzina non è mai stato realizzato prima?
Pare che non sia del tutto chiaro. Eleonora ci racconta dell’esistenza del Sitting Volley come disciplina paralimpica, ma si tratta di uno sport che viene praticato stando seduti direttamente sul terreno ed è stato creato nel dopoguerra, pensando specialmente ai reduci che avevano subito amputazioni agli arti inferiori. Alice ci spiega che non si tratta comunque di uno sport inclusivo, poiché per una persona con una lesione spinale, muoversi stando seduti direttamente per terra è estremamente difficoltoso a causa dell’impossibilità di usare le gambe per gli spostamenti ed il controllo del tronco da seduti, inoltre c’è pericolo che gli atleti si procurino lesioni da sfregamento dovute ad una totale o parziale mancanza di sensibilità agli arti inferiori.
Il Volley a 4 ruote è invece uno sport molto più inclusivo, perché aperto ad un numero maggiore di disabilità rispetto al Sitting Volley e l’utilizzo della carrozzina permette lo svolgimento di movimenti più naturali poiché rispetta la tipologia di movimento e postura a cui la persona con disabilità motoria è più abituata, utilizzando la carrozzina per il 99% delle proprie giornate.
In sostanza, il Volley a 4 Ruote è un nuovo sport innovativo, formativo ed inclusivo che speriamo conquisti tantissimi atleti in tutta Italia ed un giorno, chissà, magari anche nel mondo!
– Articolo a cura di Luisa Cresti; uno speciale ringraziamento ad Eleonora Giannetti per l’aiuto ed i preziosi consigli e un ringraziamento anche a Maria Rosa per averci invitati all’allenamento!
Dal 9 al 18 marzo anche i disabili scendono in pista!
Questo inverno la Corea del Sud ci invita a PyeongChang, città nella quale si svolgeranno le Paralimpiadi Invernali 2018.
Saranno dieci giorni di competizioni entusiasmanti, coinvolgenti ed avvincenti tra campioni provenienti da tutto il globo che si sfideranno per vincere le tanto sognate medaglie olimpioniche.
I nostri eroi nazionali si sfideranno in 6 discipline: Biathlon, Curling in carrozzina, Hockey su slittino, Sci alpino, Sci di fondo e Snowboard.
Sfortunatamente non è un evento molto seguito, però con gli anni, il pubblico ne è sempre più a conoscenza, grazie alle reti che lo trasmettono. Quest’anno sarà possibile seguirle alcune ore in chiaro sui canali Rai, in diretta tv su Eurosport e nello streaming sul sito della Rai e su Eurosport Player.
Il Bel paese, nella storica manifestazione sportiva, ha avuto l’onore di schierare “Tom & Jerry”; Tommaso Balasso detto Tom, sciatore alpino italiano, dal 2003 al 2010 atleta guida di Gianmaria Dal Maistro, sciatore ipovedente con il quale ha vinto diverse medaglie paralimpiche.
Balasso, attualmente da parte del gruppo sportivo militare “ G.S. Fiamme Azzurre”della Polizia Penitenziaria; Inoltre può vantare diversi meriti: 5 medaglie paralimpioniche, 5 medaglie mondiali, una Coppa Vincitore della del mondo di supergigante paralimpico, una Coppa del mondo di slalom gigante paralimpico, ed una Coppa del mondo di supercombinata paralimpica, che lo hanno portato al conferimento della Goccia d’oro del CIP e della cittadinanza onoraria della città di Torino.
L’Italia può vantare di tanti altri campioni “Super-Abili”. In questa edizione ci saranno 26 atleti ed il portabandiera sarà Florian Planker, hockeista su slittino ed ex sciatore alpino paralimpico italiano, alla sua sesta partecipazione alla rassegna a cinque cerchi.
Quindi per combattere l’atmosfera di tensione e discordia a cause delle elezioni del 4 marzo, uniamoci per tifare i nostri cari azzurri!
Articolo a cura di Lavinia Fontana
In cosa consiste l’ippoterapia e a cosa serve?
L’ippoterapia, ovvero i benefici effetti delle interazioni tra l’uomo e il cavallo, è conosciuta fin dai tempi in cui gli uomini addomesticarono i primi cavalli. Infatti già gli antichi, oltre ad utilizzare il cavallo come mezzo di trasporto per cose e persone, si erano resi conto di quanto montare a cavallo fosse d’aiuto nel contrastare alcune patologie e stati di malessere psicofisici. Ma fino ai giorni nostri si è sempre trattato di mere ipotesi formulate sulla, base di osservazioni empiriche.
I recenti studi permessi dalle nuove conoscenze e tecnologie della nostra società ci hanno permesso di comprendere quali siano i reali benefici apportati dall’ippoterapia e come essa funzioni.
Innanzitutto partiamo dal protagonista: il cavallo. Si stratta di un animale grosso, ma dal buonissimo carattere, una spiccata intelligenza e che presenta bisogni e necessità di accudimento. Coinvolgere un persona portatrice di handicap, abituata a farsi aiutare nelle azioni di tutti i giorni, nell’accudimento di un animale aiuta la persona a sviluppare la propria autostima, consapevolezza e spirito di iniziativa. Inoltre, per chi ha difficoltà di tipo cognitivo, avere a che fare con l’accudimento di un essere vivente aiuta a migliorare la concentrazione e a sviluppare una personalità più matura e responsabile.
Ma il movimento del cavallo presenta anche peculiari caratteristiche che portano a benefici fisici: l’andatura al passo simula il cammino dell’uomo in posizione eretta, quindi la persona con disabilità motoria ottiene una stimolazione sensoriale che porta ad un rilassamento ed allungamento dei muscoli normalmente contratti dall’inutilizzo prolungato.
La nostra segretaria Maria Rosa ha provato questa esperienza in prima persona per alcuni anni. Ecco il suo racconto:
Ho iniziato a fare ippoterapia perchè mi piacciono i cavalli ed avevo voglia di provare uno sport che mi rendesse libera e mi facesse stare bene. Infatti, già in precedenza e da piccola avevo avuto esperienze di prova coi cavalli, ad esempio nei villaggi vacanze che hanno anche un maneggio, e mi era piaciuto molto entrare in contatto con questo mondo. Frequentavo le sedute di ippoterapia una volta a settimana e, una volta acquisita sufficiente esperienza, ho partecipati anche a delle competizioni, conquistando degli ottimi piazzamenti.
L’equitazione mi ha dato la possibilità di ottenere un rilassamento alla schiena e alle gambe, infatti, con i muscoli rilassati ed allungati ero anche un pochettino più alta! Dopo il secondo anno di partecipazione alle lezioni, ho cominciato ad accompagnare l’ippoterapia con la piscina, il che giovava ulteriormente alle mie gambe.
La mia istruttrice mi aveva fatto fare delle staffe modificate appositamente per i tutori, in modo che potessi partecipare alle gare.
La mia esperienza è stata estremamente positiva fin dalla prima prova: ero in compagnia della mia istruttrice e di un altro ragazzo che portava il cavallo. Non avevo le briglie, ma avevo un comodissimo appoggio, da quale non mi volevo separare. Intanto, la mia istruttrice mi spiegava com’è il carattere dei cavalli e quali sono i comportamenti da tenere con loro. Avevo assolutamente voglia di continuare.
La mia cavalla si chiamava Honey ed era davvero dolce come il miele: molto calma e molto paziente, anche perchè era una cavalla anziana. Quando il terreno non era perfettamente piano, inciampava ed io mi sbilanciavo insieme a lei per non cadere, ma tenevo salda la presa e mi sentivo come la protagonista di un’avventura. Quando finivo la mia lezione di ippoterapia davo sempre uno zuccherino in premio a Honey per ringraziarla.
Articolo a cura di Maria Rosa Stassi e Luisa Cresti
“La vita é una figata!”, dovrebbe diventare il mantra di ogni essere umano, proprio come ci dimostra la nostra neo eroina nazionale Beatrice Maria “Bebe” Vio, medaglia d’oro di fioretto nelle paralimpiadi di Rio 2016.
La giovane campionessa trevigiana é un esempio vivente di come la vita dovrebbe essere considerata un dono prezioso e per questo vissuta anche come tale, nonostante le sventure che si presentano nel cammino.
Alla verde età di 11 anni, Bebe perse l’uso degli arti superiori ed inferiori a causa di una meningite fulminante, ma non per questo decise di mollare la sua passione e continuare ad inseguire il suo sogno, che sta prendendo sempre più forma e siamo sicuri che sia solo l’inizio di una grande carriera, perché insieme alle sue doti atletiche, sta portando avanti la battaglia contro la discriminazione del “diverso”, a colpi di battute ed autoironia.
Attualmente ci troviamo in un periodo storico nel quale la conoscenza e la scienza sono in continuo progresso, che però, si muovono parallelamente con la paura, l’odio e l’individualismo.
Bebe, la piccola schermitrice italiana , nella sua semplicità ci sta dimostrando come in realtà siano barriere “architettoniche” che noi stessi ci creiamo permettendo così agli altri di etichettarci ed isolarci.
“La vita é una figata” non é solo il suo motto ma anche il nome del programma da lei presentato, in onda la domenica pomeriggio su Rai 1, nel quale ogni ospite, famoso e non, può aprirsi e mostrare le sue debolezze e cicatrici, rendendole invece, dei punti di forza.
È molto incoraggiante sapere che esistono ancora persone che nel loro piccolo cercano di migliorare questo mondo, e ancora meglio se sono giovani, donne e disabili!
Grazie Bebe!
E che la vita possa essere una gran figata per tutti!!!
Articolo a cura di Lavinia Fontana
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