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Oggi portiamo all’attenzione dei nostri lettori un progetto molto interessante, il mondo delle Applicazioni per smartphone, dispositivi che ormai sono un estensione del nostro corpo, vede l’arrivo di WE GLAD, App dedicata alla mobilità in sicurezza per persone con disabilità.

Il motto che lancia questa nuova iniziativa è: “Il nostro obiettivo è accelerare esponenzialmente la transizione verso un pianeta più accessibile e inclusivo”. Fondata da giovani imprenditori con affinità nel settore e seguiti da una consulenza specializzata sul tema disabilità.

Il focus principale di WeGlad è quello di fornire in tempo reale all’utenza itinerari facilitati, senza barriere architettoniche. Il punto di forza di WeGlad è la possibilità di ricevere il prezioso contributo da parte dell’utenza iscritta che potrà segnalare effettivamente se i luoghi visitati risultano accessibili o meno condividendo una mappatura dettagliata.

Questo contributo congiunto con l’utenza porta a diversi pro nell’identificazione di luoghi accessibili all’aperto e al chiuso:

  • Per quanto riguarda i luoghi all’aperto, puoi trovare informazioni su mezzi e stazioni accessibili, indicazioni per parcheggi accessibili in sedia a rotelle e orari di arrivo a destinazione;
  • Per quanto riguarda i luoghi al coperto, ogni struttura mappata mostrerà tre immagini relative alla sua accessibilità; una foto dell’ingresso, una foto dell’interno che mostra lo spazio di manovra e un servizio igienico.

Inoltre, l’obiettivo a medio termine è quello di creare e integrare la funzionalità NAVIGATOR nell’applicazione. La prima fase di raccolta dati ne consentirà la creazione; una volta disponibile, consentirà di spostarsi dal punto A al punto B, evitando ostacoli e mostrando veicoli e parcheggi accessibili.

C’è anche una sezione sociale alla fine. Attraverso l’app o il gruppo Facebook si crea una vera e propria community. Gli utenti possono interagire, condividere cose appena disegnate ed esperienze personali, pubblicare i loro luoghi preferiti, porre domande, consigliare i posti migliori agli altri e persino chiedere o offrire aiuto. Tutti possono aiutare e ottenere aiuto, parlare dei loro argomenti preferiti e fare amicizia.

Ecco tutte le info utili:

Sito web: www.weglad.eu

Facebook: @wegladsocial Pagine – Gruppo WeGlad Group Indirizzo

email: founders@weglad.eu

Come ben sapete la nostra specialità sono i viaggi adatti alle persone disabili e durante questi viaggi sperimentiamo situazioni piacevoli ma anche spiacevoli.

Durante l’ultimo viaggio in Andalusia avvenuto solo pochi giorni fa, a cavallo tra il 2022 e il 2023, ci siamo imbattuti in due situazioni che ci hanno fatto pensare a come la prepotenza sia dentro tutti noi e non appena abbiamo un “piccolo potere” nelle nostre mani, non esitiamo a utilizzarlo per commettere dei soprusi.

Il primo episodio è avvenuto a Malaga il primo dell’anno. Malaga è una città fantastica, senza particolari barriere, popolosa ma non troppo grande, piena di storia e con in più il mare … insomma un posto incantevole per vivere, peccato che qualche poliziotto abbia fatto di tutto per rendere sgradevole questa esperienza.

Parcheggiamo nel centro storico in uno spazio di tre riservato alle persone disabili, esponendo l’apposito permesso azzurro. Non ci accorgiamo che sul segnale (vedi immagine sotto) ci sia una piccola freccia che indica dove inizia l’area di parcheggio – si tratta di un processo deduttivo e non di una scritta esplicita -; tra l’altro non ci sono segni in terra che delimitano con precisione lo spazio di parcheggio. Torniamo tutti belli contenti di avere passato un primo dell’anno mangiando sulla spiaggia dell’ottimo pesce con 23 gradi di temperatura, quando ci accorgiamo che c’è una multa sul nostro parabrezza. Inizialmente pensiamo a qualcuno che abbia messo la sua multa sulla nostra auto, ma a un controllo del numero di targa, si tratta proprio della nostra. La stazione di polizia è a due passi e in un attimo siamo li a chiedere spiegazioni. Il poliziotto di guardia chiama il suo collega che ha emesso la multa e gli viene risposto che noi sostavamo sul marciapiede; gli faccio vedere la foto e il cartello sotto il quale eravamo parcheggiati e a quel punto sono io a fare delle supposizioni e gli dico, quasi ingenuamente: “forse spuntavamo un 20 cm dalla linea del cartello…”. A quel punto il poliziotto che è di fronte a me mi dice: “… beh allora ecco perché le abbiamo dato la multa!” Non ho potuto resistere e gli ho detto molto arrabbiato “ma non si vergogna, non vi vergognate a comportarvi in questo modo, per 20 cm dare una multa a chi ha diritto di parcheggiare in quel posto, e che magari ha avuto anche difficolta a scendere, a rimontare 2 carrozzine (erano due le persone disabili sulla nostra auto), a far scendere le persone, a sistemarle per bene…. non vi vergognate ma che razza di persone siete?” A quel punto il poliziotto fa il cenno di arrabbiarsi e quasi mi accusa di oltraggio a pubblico ufficiale, ma io sono troppo arrabbiato e me ne vado, ormai senza speranza dicendogli “it’s a shame” che significa “è una vergogna”.

Il secondo episodio accade a Madrid, l’ultima notte del nostro viaggio; ho prenotato due camere doppie ma solo una è adatta alle persone disabili perché qui hanno la brutta abitudine che molte di queste camere hanno solo un letto matrimoniale e non è possibile aggiungere un letto singolo, quasi a dire che tutti i disabili o viaggiano con il partner o comunque debbono essere obbligati a dormire con un’altra persona nel loro letto; sembra incredibile ma è così in molti alberghi di tutte le categorie! La seconda camera, la mia, è una normale camera doppia ma noi, io e la persona disabile che accompagno, ci adattiamo, infatti lui non utilizza quasi mai il bagno, oppure diciamo che ne può fare a meno grazie alle attrezzature che portiamo sempre con noi e alle tecniche adottate. A un certo punto mi chiama la signorina della reception dicendomi che ha bisogno di vedermi per dirmi qualche cosa di personale. Scendo nella hall e con fare circospetto ma anche di rimprovero mi dice: “guardi che una persona disabile non può stare in una camera non adatta ai disabili”. Io le rispondo:”se lei ne ha un’altra me la dia, ma siccome non ne avete con letti singoli, non c’è problema lo abbiamo fatto tante volte, ci siamo adattati…” e cerco di spiegare, senza andare troppo nei dettagli, che so come fare e ho con me l’attrezzatura adeguata, ma lei sempre più convinta e ferma nella sua ottusa affermazione continua a insistere che un disabile non può dormire in una camera non adatta per disabili. A questo punto le dico che un disabile può dormire dove vuole ci mancherebbe altro, semmai il problema è che ci dovrebbero essere più camere “veramente” adatte. Ma lei insiste e io non so cosa fare: far chiamare il direttore dell’albergo e riportare la receptionist alla ragione… e se poi il direttore è più ottuso di lei? Sono già le 8,30 di sera abbiamo fatto più di 500 km, ci siamo già posizionati in camera e non ho voglia di ricominciare daccapo. Divento allora accomodante, cerco di farmi sbollire la rabbia che mi viene quando all’ottusità si unisce un piccolo potere che invece di facilitare gli altri vuole solo ostacolarli e mi invento: “allora non si preoccupi, l’altra persona che ha visto in carrozzina può comunque alzarsi e utilizzare un bagno normale, quindi non faremo altro che invertirci le camere. Ovviamente poi non abbiamo fatto nulla di tutto ciò e siamo rimasti ognuno nella propria camera, ma è stata l’unica maniera per superare l’ottusa intransigenza di questa persona. Una situazione così non mi era mai capitata in 40 anni che viaggio con le persone disabili; normalmente quando non c’è una camera adatta ci sono solo scuse o tentativi di renderla adatta.

Questi sono i “piccoli poteri” che diventano arroganza, sopruso e sono insopportabili

Il 3 novembre, da ormai svariati anni, viene celebrata la “Giornata internazionale delle persone con disabilità”.

Molti dei giorni dell’anno hanno ormai una dedica ad un argomento e questo dovrebbe servire a essere concentrati quel particolare giorno su di un particolare tema, per fare un bilancio della situazione raggiunta e stendere programmi per l’anno successivo fino alla prossima giornata dedicata allo stesso argomento.

E questo è il senso anche per la “Giornata internazionale delle persone con disabilità”, che oggi è diventata anche la “Giornata internazionale dell’inclusione”; certamente perché non ha senso discutere di un argomento che è anche un importante problema, se poi non si indicano e non si mettono in pratica le soluzioni che in questo caso è proprio L’INCLUSIONE.

Questa giornata non esiste da sempre ma soltanto da una trentina d’anni, per la precisione dal 1992 quando le Nazioni Unite l’hanno stabilita; in questi anni io ci sono sempre stato e vi posso assicurare che ce ne sono stati alcuni in cui in quel giorno non si è parlato d’altro, con iniziative teoriche e pratiche che hanno coinvolto l’attenzione dell’opinione pubblica di tutta Italia ma anche europea e internazionale. Altri invece, come mi sembra questo 2022, dove la giornata e l’’argomento a cui è dedicata, sono passati in sordina, in secondo piano. Non dico che non ci siano dei validi motivi a distrarci ma se esiste una giornata, una sola giornata, dedicata ad un tema, cerchiamo quel giorno di concentraci su di esso e di tirarne fuori il massimo per l’anno a seguire, soprattutto chi per motivi diversi, personali, professionali, familiari, è coinvolto ed immerso sempre e talvolta da sempre, in questa materia.

E anche se la giornata è ormai passata, ed è passata in sordina, non perdiamo l’occasione di riflettere sullo stato dell’arte di questo tema che a volte si riduce soltanto a delle dissertazioni terminologiche su se sia meglio disabile o portatore di handicap, mentre invece per tanti di noi è molto più “sostanza” perché tutti i giorni ci imbattiamo nei problemi che la mancata INCLUSIONE provoca.

Ma è proprio questa la parola magica INCLUSIONE, che può fare il miracolo se messa in pratica, lo può fare per la disabilità ma anche per tutte le “diversità” e siccome le persone che compongono il genere umano sono tutte diverse l’INCLUSIONE è la maniera che permetterà a tutti di vivere una vita compiuta, senza esclusione.

Claudio Fontana

Concrete Onlus

Assistere un proprio caro è qualcosa che accomuna sempre più persone, basti pensare che in Italia si contano oltre 8 milioni di caregiver familiari. Il caregiver familiare si differenzia per forma dalla figura del/della badante e spesso si pensa che si tratti della stessa cosa, Il caregiver è colui che si prende cura, assistendo e supportando un proprio familiare, nel delicato momento della malattia. Entrando nello specifico il caregiver familiare è una figura appartenente alla famiglia che si offre la sua assistenza in differenti, tra cui l’assistenza diretta attiva/passiva, mansioni burocratiche.

Le attività principali di assistenza diretta che il caregiver si può trovare a svolgere sono::

  • Igiene quotidiana;
  • Cambio del pannolone in caso di incontinenza urinaria o fecale.
  • Preparazione e somministrazione dei pasti.
  • Somministrazione dei farmaci.
  • Organizzazione di visite mediche e accompagnamento in ospedale o ambulatori medici
  • Gestione di pratiche amministrative e burocratiche.
  • Acquisto di ausili per incontinenza e protesi

La legge (DDL 1461) definisce il caregiver familiare come “persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18”

Caregiver requisiti:

Le uniche tutele legali attualmente riconosciute ai caregivers sono quelle contenute nella legge 104. Si tratta del godimento di permessi di lavoro per l’assistenza a un familiare non autosufficiente.

In questo caso sarà necessario rivolgersi innanzitutto all’INPS per il riconoscimento della grave disabilità dell’assistito e, solo in seguito, presentare la domanda al proprio datore di lavoro per ottenere i permessi di congedo.

requisiti necessari per essere riconosciuto come caregiver, contenuti nella legge 104, devono rientrare in una di queste specifiche:

  • essere convivente;
  • familiare convivente;
  • prestare assistenza continuativa (in forma gratuita o a contratto).

Caregiver agevolazioni

Il caregiver è entrato a pieno diritto nelle figure lavorative di lavori gravosi, questo ha permesso l’accesso ad indennizzi di tipo pensionistico. i caregiver da almeno 6 mesi e con almeno 30 anni di contributi sono una delle categorie che hanno diritto ad accedere all’Ape Sociale (Anticipo Pensionistico Sociale)

Le risorse attualmente investite hanno decretato che diversi fondi vengano destinati alle Regioni per ridistribuirle dando priorità in particolare a due categorie di soggetti:

  • i caregiver di persone con disabilità gravissima;
  • i caregiver di coloro che non abbiano avuto accesso alle strutture residenziali a causa delle disposizioni normative emergenziali.

Tutte queste risorse verranno destinate anche a programmi di accompagnamento, oltre al ricongiungimento del caregiver familiare con la persona assistita.

Nota di merito per l’Emilia per l’Emilia- Romagna è stata la prima regione ad aver approvato una legge su misura per la figura del caregiver

Nella Manovra 2021 ha fatto inoltre il suo debutto, con uno stanziamento di 30 milioni di euro all’anno per il triennio 2021-23, una sorta retribuzione del lavoro domestico fruibile sotto forma di deduzione integrale delle spese sostenute per il lavoro di caregiver.

Concrete Onlus

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Vi sarete accorti che mi piace sempre incominciare con un riferimento musicale: “perdono, perdono, perdono…” diceva il ritornello di una canzone di Caterina Caselli degli anni ’60; era lei chiedeva il perdono.

Certamente oggi ci sono molti che dovrebbero chiedere perdono: chi si è dimenticato dei disabili, degli anziani, dei più fragili o al massimo li mette all’ultimo posto; chi tradisce la fiducia degli elettori che l’hanno votato perché portasse avanti un certo programma ed invece non solo il programma non va avanti ma se lo trovano addirittura in un altro partito; perdono in ginocchio da chi non ha ben presente che non c’è nessun merito ad essere nati benestanti, in un paese occidentale, sani e bellocci andandosene in giro tronfio con il petto gonfio girando la testa se qualcuno ha fame, soffre o sbarca sulle nostre spiagge.

Ma non è della “richiesta di perdono” che vi voglio parlare oggi ma dell’”offerta di perdono” che dobbiamo essere sempre pronti a donare, di nostra iniziativa, anche a chi non lo chiede, chi non lo vuole, chi non sa neanche cosa sia. Perché questo perdono che noi offriamo spontaneamente, volontariamente fa bene soprattutto a noi che lo doniamo, ci rasserena, ci fa stare in pace con il mondo, ci fa affrontare le situazioni in una maniera più lucida….. il perdono è la nostra vittoria.

E ancora di più e prima di tutto la capacità di perdonare noi stessi: quante volte non riusciamo ad uscire dal loop di una situazione perché rimuginiamo sul passato, ci diciamo “se non avessi fatto, se non avessi detto…”, e rimaniamo immobili, imbambolati mentre tutto il resto va avanti, si muove e ci lascia indietro.

Se impariamo a perdonare eliminiamo o limitiamo il dolore, fisico e della mente; troviamo l’energia per ricominciare di nuovo, “shocchiamo”, disorientiamo gli altri con il nostro comportamento. Quando tutto sembra perduto in una gara sportiva, disorientare l’avversario è spesso una “buona chance” per ribaltare la situazione o perlomeno di farsi ricordare dal “pubblico”, che sono gli altri nella nostra vita.

Pensiamo all’esempio del Ruanda, un paese distrutto dal genocidio nel 1994, che quasi subito capisce che la soluzione in una situazione così estrema è SOLO IL PERDONO: si elimina quasi subito la pena di morte e dopo 20 anni da questo terribile evento, decide che non ha più senso tenere le persone in prigione, bisogna dar loro una prospettiva e dare un insegnamento a chi ancora poteva provare rancore e voglia di vendetta: APRE LE CARCERI E INVENTA IL PERDONO DI STATO!

E mi stupisco di essere qui adesso a sottolineare una cosa che è così evidente, “lapalissiana”, ma che purtroppo nella mente contraddittoria del genere umano non è ancora riuscita a mettere radici: il perdono ci fa stare meglio, ci fortifica, ci cambia la vita.

E ricordate che il perdono non ha quasi mai una base razionale, un calcolo, anzi se mira ad ottenere qualche cosa negli altri sbaglia il suo obiettivo e rischia di farci avere delle delusioni ancora più forti. Il perdono è irrazionale, istintivo, spontaneo, inarrestabile come l’amore, è un regalo appunto, una cosa che si offre PER-DONO.

E volendo chiudere con un motto, che spesso aiuta a ricordare meglio le cose possiamo dire: NON SANNO COSA PERDONO QUELLI CHE NON CONOSCONO IL PERDONO.

Claudio Fontana

Concrete Onlus