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In tutto il mondo, si stima che vi siano un miliardo di individui con disabilità, con un’impressionante concentrazione di 100 milioni solo in Europa e circa 4,5 milioni in Italia, rappresentando il 7,2% della popolazione italiana.

Dall’adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani nel 1948, le Nazioni Unite hanno incluso esplicitamente i diritti delle persone con disabilità nei loro accordi globali. Un importante traguardo è stato raggiunto con l’approvazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità nel dicembre 2006, che ha obbligato gli Stati membri a conformarsi a standard più elevati per il trattamento e l’integrazione delle persone disabili nelle società.

Nonostante tali progressi a livello internazionale, la realtà italiana mostra ancora aree di forte criticità: il 20% delle persone con disabilità è disoccupato, un tasso disproporzionatamente alto che rispecchia ostacoli significativi legati al contesto geografico, culturale e sociale. Inoltre, il settore dell’istruzione presenta sfide come la carenza di insegnanti di sostegno formati adeguatamente, la scarsità di risorse tecnologiche adeguatamente accessibili e persistenti barriere architettoniche che variano ampiamente tra le diverse regioni e isole.

Di fronte a questa realtà, la Commissione Europea ha proposto una nuova strategia per il decennio 2021-2030, focalizzata sul miglioramento delle condizioni di vita delle persone con disabilità attraverso tre pilastri principali:

1. **Diritti e Circolazione Libera nell’UE**: Sviluppare una carta della disabilità per facilitare la mobilità e l’accesso ai diritti in tutta l’Unione Europea.

2. **Miglioramento dei Servizi Sociali**: Assicurare che i servizi sociali promuovano una vita indipendente e autonoma.

3. **Pari Opportunità e Non Discriminazione**: Garantire pari opportunità e una vita priva di discriminazioni per tutti i cittadini.

Con un impegno congiunto tra gli Stati membri dell’UE, inclusa l’Italia, e altre nazioni nel mondo, è possibile lavorare verso un futuro in cui le persone con disabilità possano godere di piena inclusione e uguaglianza, contribuendo attivamente alla società.

Cristina Zanfone

Il 6 settembre 2023 ha segnato un passo avanti significativo per i diritti delle persone con disabilità in Europa, con l’approvazione da parte del Parlamento e del Consiglio Europeo di una nuova direttiva. Questa legislazione introduce due strumenti fondamentali: la Carta europea della disabilità e un aggiornato contrassegno per il parcheggio per disabili.

La Carta europea della disabilità è destinata a diventare uno strumento chiave per i cittadini dell’UE con disabilità, offrendo loro la possibilità di accedere gratuitamente o a tariffe ridotte a servizi, ingressi prioritari e supporti come l’assistenza personale e ausili per la mobilità in tutti gli Stati membri. Questo documento mira a standardizzare e semplificare l’accesso ai diritti e ai servizi per le persone con disabilità, promuovendo così una maggiore inclusione sociale.

Parallelamente, il nuovo contrassegno per il parcheggio intende facilitare la mobilità di chi possiede disabilità, assicurando loro l’accesso a spazi di parcheggio riservati e agevolazioni simili già esistenti all’interno dell’UE. Questo contrassegno rappresenta un ulteriore impegno verso la rimozione delle barriere fisiche che limitano la partecipazione attiva nella società da parte delle persone con disabilità.

La direttiva stabilisce inoltre la creazione di un portale web europeo, che integrerà vari siti nazionali per fornire informazioni complete e aggiornate sui diritti disponibili per i disabili. Questo contribuirà a rendere le informazioni facilmente accessibili e a uniformare le pratiche tra i diversi paesi membri.

In conclusione, l’adozione di questa direttiva non solo migliora la qualità della vita delle persone con disabilità ma rafforza anche il principio di una società più equa e inclusiva. Con questi nuovi strumenti, l’Europa fa un altro passo avanti verso l’abbattimento delle barriere e la promozione di una vera inclusione.

Cristina Zangone

L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità è una priorità sociale e legale che ha visto significativi sviluppi normativi in Italia a partire dal 1968. Tuttavia, è stata la legge n. 68 del 1999 a delineare un quadro legislativo completo, in accordo con i principi di pari dignità sociale stabiliti dalla Costituzione italiana.

Con l’adesione alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, l’Italia si è impegnata a rispettare gli standard nazionali e internazionali per facilitare l’accesso al lavoro per i disabili. A partire dal 1° gennaio 2022, le sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano gli obblighi di assunzione sono state intensificate, allo scopo di promuovere una maggiore inclusione lavorativa.

La normativa corrente impone che ogni entità, sia pubblica che privata, assuma una persona con disabilità per ogni 15 dipendenti. Nonostante questo obbligo, la realtà mostra che molti individui con disabilità rimangono esclusi dal mercato del lavoro, spesso a causa delle condizioni severe di salute o delle barriere culturali e strutturali ancora radicate.

Un altro fattore di complessità è dato dalle differenze di genere: le donne con disabilità incontrano maggiori ostacoli nell’accesso all’occupazione. La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente peggiorato la situazione, interrompendo un lieve miglioramento occupazionale che si stava manifestando negli anni precedenti al 2020.

Pur essendoci una strada ancora lunga da percorrere per raggiungere una piena inclusione lavorativa, l’Italia sta compiendo passi avanti verso un contesto più inclusivo. È essenziale perseguire e rafforzare le politiche volte a facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro delle persone con disabilità, eliminando gli ostacoli esistenti e fomentando una cultura lavorativa che valorizzi la diversità e il rispetto per tutti i cittadini.

Cristina Zangone

A livello globale, il 15% della popolazione vive con qualche forma di disabilità. In Italia, oltre tre milioni di persone sono direttamente interessate. L’accessibilità nei trasporti pubblici è quindi una questione di diritti civili fondamentale per garantire l’inclusione e la partecipazione attiva di tutti nella società.

Le Nazioni Unite, insieme a enti governativi locali e regionali di numerosi paesi, tra cui l’Italia, stanno intensificando gli sforzi per migliorare l’accessibilità dei trasporti pubblici. In Italia, il cammino verso l’adeguamento dei trasporti è iniziato anni fa, ma la strada verso una completa accessibilità è ancora lunga e richiede investimenti continui e innovazioni.

La disabilità si manifesta in molteplici forme, inclusi disturbi motori, sensoriali, uditivi, visivi e cognitivi. Le compagnie di trasporto, in collaborazione con le associazioni per i diritti delle persone disabili, stanno lavorando per rendere i servizi più accessibili, grazie anche al supporto legislativo e finanziario da parte delle istituzioni.

Nonostante i progressi, molto resta da fare. L’adozione di tecnologie come app mobili, piattaforme web accessibili, biglietterie automatizzate e sistemi di assistenza ai passeggeri possono accelerare questo miglioramento. È fondamentale che le compagnie di trasporto implementino programmi di formazione per i propri dipendenti e promuovano la sensibilizzazione pubblica attraverso eventi e iniziative educative.

In Italia, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero per la Disabilità, guidati rispettivamente da Matteo Salvini e Alessandra Locatelli, stanno rafforzando il loro impegno per sviluppare un sistema di trasporto pubblico realmente inclusivo, che consideri le esigenze di tutte le persone.

Questo articolo sottolinea l’importanza di un approccio inclusivo e ben coordinato a livello nazionale e internazionale per garantire che i diritti all’accessibilità e alla mobilità siano una realtà per tutti, contribuendo a costruire una società più giusta e accogliente.

Vittoria Montemezzo

La Risiera di San Sabba, situata nella periferia di Trieste, racconta una delle pagine più buie della storia italiana. Originariamente costruita nel 1898 come risiera, durante la Seconda Guerra Mondiale fu trasformata dai nazisti in un campo di concentramento e successivamente in campo di sterminio, l’unico del suo genere in Italia.

Dal 1943, la Risiera divenne il teatro di una brutalità indicibile: qui furono detenuti e spesso uccisi prigionieri politici, ebrei, e civili catturati nei rastrellamenti. Sotto la direzione di Odilo Globocnik, un ufficiale delle SS di origine triestina, il complesso divenne un centro nevralgico per l’eliminazione fisica dei nemici del Terzo Reich.

Nel 1944 fu aggiunto un forno crematorio, utilizzato per lo smaltimento dei corpi e per l’eliminazione diretta dei prigionieri, molti dei quali morirono a causa di gas di scarico, percosse, impiccagioni o fucilazioni. Prima della loro liberazione, i nazisti tentarono di cancellare le tracce dei loro crimini facendo saltare in aria il forno crematorio.

Oggi, la Risiera di San Sabba è un museo e monumento nazionale dedicato alla memoria delle vittime del nazismo. All’interno del complesso, i visitatori possono esplorare la “cella della morte”, le celle di detenzione, le camerate e gli spazi che un tempo ospitavano il forno crematorio e l’obitorio. Questo luogo serve come solenne promemoria degli orrori della guerra e come monito per le future generazioni sulla necessità di vigilanza contro l’odio e la violenza.

Vittoria Montemezzo