La città di Reggio Emilia non è famosa solo per essere la città natale di Ludovico Ariosto, del Tricolore Italiano e del Parmigiano Reggiano: è stata anche il luogo dove ha avuto inizio e si è sviluppato un approccio pedagogico talmente “rivoluzionario” e innovativo da riscuotere successo a livello internazionale, a partire dagli Stati Uniti, prendendo il nome di “REGGIO EMILIA APPROACH”. Il suo iniziatore fu un certo Loris Malaguzzi, nato nel 1920 a Correggio, un comune della provincia di Reggio Emilia, laureatosi in Pedagogia all’Università di Urbino e diventato insegnante di scuola elementare nel 1940: alla fine della Seconda Guerra mondiale, nel 1945, egli si rese conto di quanto fosse urgente, nel contesto di una “rinascita” generale, la necessità di ripartire proprio dall’educazione, che negli anni di guerra aveva ovviamente subito un arresto; così, insieme ad un gruppo di persone comuni, di estrazione contadina e operaia, decise di costruire e gestire una scuola per bambini proprio nel piccolo borgo di campagna di Sologno, dove aveva cominciato a insegnare; a questa ne seguirono altre, sempre “autogestite”, in periferia e nelle zone più povere della città. Successivamente, nel 1950, dopo aver frequentato un corso di Psicologia presso il CNR -Consiglio Nazionale delle Ricerche- di Roma, divenuto psicologo, cominciò ad esercitare questa professione per i bambini in difficoltà, presso il Consultorio Medico Psicopedagogico Comunale di Reggio Emilia, continuando tuttavia anche quella d’insegnante in queste scuole.

Nel 1963 il comune di Reggio Emilia cominciò ad organizzare una rete di servizi per l’infanzia, aprendo anche i primi asili per bambini da 3 a 6 anni: per la prima volta si affermava così il diritto di fondare una scuola laica anche per i bambini piccoli. Loris Malaguzzi, assieme alle altre persone che collaboravano con lui in questo progetto, presero a caricare loro stessi, i bambini e i loro “strumenti di lavoro” su di un camion, e in questo modo letteralmente trasportavano la loro idea di scuola al di fuori, nei parchi pubblici o sotto i portici del teatro comunale, tra la felicità dei bambini e la sorpresa e la curiosità della gente. Su richiesta di madri lavoratrici, nel 1970 venne aperto il primo asilo nido per bimbi dai 3 mesi ai 3 anni. Nel 1971 uscì il primo testo laico per gli insegnanti, da lui curato, “Esperienze per una nuova scuola dell’infanzia”, basato, appunto, sull’esperienza vissuta nelle scuole di cui era consulente. Nel 1976 ebbe l’incarico di dirigere la rivista mensile “Zerosei”. Nel 1980 fondò il “Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia”. Il suo progetto stava ormai per valicare i confini dell’Italia, e, nel 1991, l’asilo “Diana”, nei giardini pubblici di Reggio Emilia, venne nominato dalla rivista americana “Newsweek” l’istituzione per la prima infanzia più avanzata nel mondo; seguirono il Premio “Lego” della Danimarca e il “Kohl” di Chicago nel ‘92. E l’anno in cui egli morì, il 1994, venne fondata, seguendo il suo volere, l’associazione internazionale “Amici di Reggio Children”, per la difesa e lo sviluppo dei diritti e delle potenzialità dei bambini, nonché la diffusione della sua metodologia educativa.

Ma quali sono dunque le caratteristiche di quest’ultima che la rendono così speciale? Loris Malaguzzi era profondamente convinto che il bambino sia per natura parte attiva, o meglio ancora, il vero protagonista della sua acquisizione di conoscenza: egli è cioè naturalmente portato a conoscere il mondo che gli sta attorno, spinto dai suoi interessi,  attraverso esperimenti, verifiche e confutazioni che lui stesso mette in atto; gli adulti hanno quindi il delicato compito di accompagnare e guidare i bambini nelle attività che questi prediligono(evitando ovviamente situazioni pericolose o nocive), lasciando da parte la tradizionale metodologia di trasmissione del sapere da adulto a bambino ancora utilizzata nell’attuale sistema educativo-scolastico,  che prevede una posizione “passiva” di quest’ultimo nel momento in cui riceve le nozioni. E’ inoltre fondamentale tener presente che tutto ciò che i bambini imparano deriva non soltanto dalla loro interazione con gli oggetti e con l’ambiente circostante, ma anche dalle relazioni che stabiliscono con gli adulti che li seguono e con gli altri bambini: di qui la necessità di relazioni affettive salde e positive, basate sull’affetto e la fiducia, all’interno degli asili, che coinvolgano anche i genitori dei piccoli. In questa prospettiva, anche l’ambiente scolastico deve diventare sicuro, “amabile” e stimolante, un posto, in sostanza, in cui il bambino si senta accolto e ami trascorrere il tempo, libero di seguire le sue inclinazioni, provando e “pasticciando” in appositi spazi-laboratori. Le esperienze dei bimbi andranno poi “raccolte”, in veste di lavoretti, disegni ecc., per mantenere le “tracce” del loro processo di apprendimento, in modo da poter poi migliorare ed espandere le conoscenze acquisite, nonché come “mostra” temporanea o permanente rivolta agli stessi genitori, per tenerli aggiornati su tutto ciò che avviene nella scuola.

Riassumendo, questi sono i principi sui quali Loris Malaguzzi basava la sua idea educativa:

-E’ necessario dare più attenzione al bambino che alla materia da insegnare.

-E’ importante incentivare la trasversalità culturale e non il sapere diviso in “settori.”

-E’ più importante il progetto rispetto alla programmazione.

-Ha maggiore importanza il processo di apprendimento piuttosto che il “prodotto” finale.

-E’ necessario osservare e documentare i processi individuali e di gruppo.

-Il confronto e la discussione sono tra le strategie più efficaci nella formazione.

-E’ indispensabile l’autoformazione degli insegnanti.

Ed infine, egli diceva questo: “I bambini costruiscono la propria intelligenza. Gli adulti devono fornire loro le attività e il contesto, e soprattutto devono essere in grado di ascoltare”.

Vittoria Montemezzo

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