Disabili utenti o datori di lavoro… o tutti e due?
Tutti abbiamo bisogno degli altri per vivere compiutamente la nostra vita, ma nel caso di molti disabili il bisogno è maggiore e diventa dipendenza. Quindi nella vita di queste persone ne entrano delle altre in funzione di aiuto e, fin quando le cose funzionano e c’è armonia, va tutto bene. Ma quando iniziano i problemi, uno dei due protagonisti, il disabile o l’operatore, incomincia ad andare in sofferenza. Cosa accade in quel frangente?
Cosa succede se il disabile, che può essere vittima o carnefice, non è solo l’assistito ma anche il datore di lavoro dell’altra persona? Come farà a dirimere la questione con sufficiente imparzialità e distacco?
Probabilmente non ci riuscirà e se vorrà farlo dovrà chiedere l’aiuto di qualcuno… aiuto che sarebbe sicuramente stato meglio avere a disposizione fin dall’inizio.
Per questo motivo, nel rapporto di assistenza e di lavoro tra disabile e operatore, quasi sempre è necessario che la figura dell’assistito e del datore vengano separate, per garantire una maggiore continuità nel tempo e soprattutto che i momenti di difficoltà vengano superati senza rotture traumatiche per nessuno.
Così però viene meno il ruolo della persona disabile e la sua autodeterminazione. Il lavoratore così dipenderà e si relazionerà con il delegato che gestisce il progetto di vita indipendente e la persona disabile rischia di essere scavalcata e considerata marginale dal lavoratore. Concordo che essere datore e utente contemporaneamente non è facile e può creare conflitti d’interesse, ma non sono sicuro che fare gestire ad una figura terza il rapporto utente assistente porti molti benefici. Io ho provato entrambe la situazioni