Il dialetto della Valle d’Aosta è in realtà una lingua ancora viva, vivace e diffusa: il “Patois”; esso è parlato comunemente non solo dalle popolazioni valdostane intorno al Monte Bianco, ma anche da quelle della Svizzera romanda, cioè francofona, dai Savoiardi e dagli abitanti di alcune vallate del Piemonte occidentale. Si tratta di una lingua Francoprovenzale, cioè una lingua neo-latina, che, insieme al Francese, detto anche “langue d’oil”, e al Provenzale Occitano, o “langue d’oc”, appartiene al gruppo “Galloromanzo”; in essa si ritrovano alcuni elementi comuni al Francese e altri al Provenzale, oltre ad alcune caratteristiche sue proprie. Viene considerato una lingua più arcaica rispetto al Francese, dal quale si sarebbe separato, sviluppandosi in particolare nella zona attorno alla città di Lione, alla fine dell’epoca merovingia o all’inizio della carolingia; dopodiché si sarebbe arrestato, mentre il Francese avrebbe proseguito la sua evoluzione.
In Val d’Aosta esso si è poi notevolmente “frammentato” nei vari comuni, al punto che ad oggi esistono “tanti patois quanti sono i campanili”! Inoltre ha mantenuto alcuni elementi prelatini di origine celtica, come ad esempio la parola “modze”= “giovenca”, “barma”= “grotta, riparo naturale sotto una roccia”, “breuil”= “piano lacustre, paludoso”; oppure radicali come “dor”= “acqua corrente”, da cui il nome del fiume principale che attraversa la Val d’Aosta, la Dora, o “tsa”= “pascolo elevato, soleggiato”; c’è anche la parola “tsalende” o “tchalénde”, direttamente dal Latino “Calende”, per indicare il Natale -sebbene per i Latini, nello specifico, indicasse in realtà i primi giorni di un mese o dell’anno.
Ci fu poi una persona dallo spirito curioso, “pioniere” della dialettologia, che, a fine ottocento, si occupò di sistematizzare il Patois Valdostano in una grammatica e in un dizionario: il curato Jean Baptiste Cerlogne, ancora oggi un punto di riferimento per gli studiosi di Francoprovenzale. Di umili origini, egli seppe trarre poesie dai toni lirici dalla sua esperienza di contadino e spazzacamino, descrivendo in questa sua lingua madre scene di vita quotidiana e pastorale, come nella “Bataille di vatse a Vertosan”: qui viene narrata per la prima volta la famosa “Bataille de Reines”, cioè la “Battaglia di Regine”, una manifestazione folcloristica, molto sentita in alcune regioni alpine in Svizzera, Francia e Italia, che si svolge annualmente tra Estate e Autunno in Val d’Aosta e Piemonte: essa consiste in un combattimento incruento tra mucche gravide. Le razze di mucche più adatte alla competizione sono la Valdostana Pezzata Rossa -inoltre grande produttrice di latte-, introdotta in Val d’Aosta addirittura alla fine del 5°secolo, la Valdostana Pezzata Nera e quella Castana; quest’ultima, “cugina” della Hérens del Vallese (uno dei cantoni svizzeri), si contraddistingue per il suo temperamento bellicoso. In realtà le lotte di questi animali avvengono spontaneamente anche in natura, in occasione di una mescolanza interna ad una mandria o tra più mandrie; in genere, alla fine, la mucca sconfitta si allontana, cedendo il passo alla rivale più forte. In Valle d’Aosta il torneo, ad eliminazione diretta, si svolge ogni Domenica tra Marzo e Giugno, prima della salita agli alpeggi del periodo estivo; si giunge così al “Combat Final” = il “Combattimento Finale”, l’ultima Domenica di Ottobre, ad Aosta, alla Croix Noire, un’arena apposita alle porte della città, al termine del quale viene eletta la “Reine de Corne” = la “Regina di Corna”: essa riceverà quindi in premio il “Bosquet”, una composizione di fiori in cartapesta rossa, nonché un bel campanaccio in cuoio. Questa tradizione attrae ogni anno in città migliaia di spettatori: è insomma una vera e propria festa, durante la quale sembrano riecheggiare nelle orecchie i versi della celebre poesia di Cerlogne:
“Un bel giorno di Luglio[…]/da Aosta parto alle prime luci del mattino,/Portando con me: salame, pane bianco, fontina,/E un po’ di quel succo che si fa nel tino,/[…]/Lì, chi da una parte chiama e chi dall’altra grida/Hoé! hoé, partiamo, amici?/Si prepara una grande battaglia di mucche;/[…]/Presto già sento che le vette aguzze/Rispondono tutt’intorno ai fischi dei mandriani./Nei prati fioriti che un’acqua pura irrora/Sotto l’erba nascosto canta il grillo./Dal cespuglio all’abete si posa il pettirosso,/Regalando ai passanti le sue più belle canzoni./Di lontano si vede che al Breuil fanno rientrare le mucche sazie,/Che già correvano, sentendo il caldo del giorno;/Attraverso il pianoro dove il ruscello gironzola/Dividendolo con le sue svolte./Giungendo al Breuil ho visto, come in un giorno di festa,/Tutti ben vestiti dai piedi alla testa./[…] Vittoria Montemezzo