Quando parliamo di “fuga di cervelli” intendiamo quelle persone preparate e qualificate che non trovano in Italia un lavoro adeguato e sono costrette a recarsi all’estero dove, non solo riescono a lavorare, ma sono anche molto apprezzate per le loro capacità e professionalità.

La fuga è sempre più una realtà quantitativa: oltre 300.000 sono coloro che se ne sono andati dall’Italia nei primi 10 mesi di questo 2019. Ma l’emorragia rischia di crescere, perchè non è solo la necessità di trovare un’occupazione che spinge le persone, soprattutto i giovani, a espatriare, ma anche le condizioni di lavoro, per chi un lavoro ce l’ha già: tasse altissime, burocrazia soffocante, scarsità di ricerca e di spinta all’innovazione rendono difficile se non impossibile lavorare in Italia.

E questo è ancora più evidente per coloro che cercano d’intraprendere un’attività in proprio e non trovano supporto burocratico, logistico e finanziario: tante regole confuse e poco chiare che fanno passare la voglia d’incominciare, difficoltà a trovare consulenze serie, economiche e che veramente portino ad un risultato, banche disponibili ad offrire risorse ad interessi sempre troppo alti rispetto a quelli reali e soltanto a coloro che possono dare garanzie.

Insomma, una realtà nella quale chi è già ricco lo diventa sempre di più, oppure dalla quale bisogna fuggire per non rimanere intrappolati e soffocati.

Attenzione, perchè tutto questo non fa bene all’Italia, spinge alla reazione, alla rivolta e alla distruzione che è sempre molto rapida rispetto alla costruzione che è lenta e faticosa.

Meditate gente.

Articolo a cura di Claudio Fontana.

Molti pensano che fornire assistenza ad una persona con disabilità sia una cosa facile o relativamente semplice.

In fondo, cosa ci vuole ad accudire un disabile? Basta assisterlo nei suoi bisogni, accompagnarlo dove deve andare, sopperire ai suoi handicap…

INVECE, NON È COSÌ.

Bisogna infatti essere capaci di accompagnarlo nelle funzioni quotidiane della vita, spesso anche in quelle piu intime e personali, senza però sostituirsi a lui, rispettando i suoi tempi, il suo carattere, la sua volontà.
Il tutto con una grande discrezione e delicatezza.

Inoltre, è impossibile non partecipare alle sue emozioni, sia positive che negative, rimanere indifferenti alla sua soffenza, essere inpermeabili alle sconfitte alle delusioni e frustrazioni.
Ci vuole molta energia e resistenza a fare questa professione e a durare nel tempo.
Per questo bisogna avere grande rispetto e gratitudine per queste persone che lavorano nel campo dell’assistenza ai disabili.
Per questo sono persone rare, preziose e come tali vanno trattate.

Grazie a tutti voi che fate questo mestiere con passione ed impegno.

Articolo a cura di Claudio Fontana, socio fondatore.

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Ieri sono passato dopo quasi due mesi al Biffi di Corso Magenta a Milano e ho notato che NULLA E’ CAMBIATO: il ragazzo dei caffè è sempre al suo posto, con i capelli rasati e un modo di fare altamente scostante. Mi è tornata in mente la scena che abbiamo vissuto quasi due mesi fa con Mambi e Issa, due ragazzi del Mali che lavorano a La Casa Del Riuso.

Due mesi fa: 

Stamattina mi sono recato con due collaboratori alla pasticceria Biffi di corso Magenta, per prendere un caffè prima di iniziare un lavoro. Dopo aver pagato alla cassa, ci siamo avvicinati al banco per prendere le ordinazioni: tre caffè. Immediatamente i miei collaboratori sono stati apostrofati dal ragazzo incaricato di preparare i caffè: “Voi due fuori!”.

Preciso che sono presidente di un’associazione che si fa carico di inserimenti sociali e lavorativi di persone in difficoltà e che le persone apostrofate in modo molto brusco e assolutamente sconveniente e villano, sono due ragazzi che si sono inseriti nella comunità italiana, provenienti dal Mali. Ovviamente con il colore della pelle molto scuro e in abiti da lavoro. Forse se fossero entrati con un completo grigio e una valigetta 24 ore sarebbero stati accolti con benevolenza.

La mia risposta è stata immediata, precisando, E MI RENDO CONTO DI AVERE SBAGLIATO, “Guardi che sono con me!”. Avrei dovuto dire: “Guardi che sono due clienti che aspettano l’ordinazione!”.

Il ragazzotto, con taglio di capelli simile ad uno skinhead, con scriminatura sottolineata sulla sinistra, si è girato verso la macchina del caffè, ha subìto le mie proteste e, purtroppo, gli improperi che mi sono usciti automaticamente dalla bocca, e ha SERVITO TUTTI GLI AVVENTORI PRIMA DI SERVIRE I DUE RAGAZZI MALIANI, lasciandomi per ultimo. Il ragazzotto ha poi peggiorato in modo incredibile la situazione, esprimendosi in questo modo rivolto solo a me: “Le chiedo scusa”.

A quel punto non ci ho visto più e sono sbottato in una serie di esclamazioni molto pittoresche, che per succo hanno avuto: “NON DEVI CHIEDERE SCUSA A ME, MA DOVRESTI USCIRE DAL BANCO E CHIEDERE UMILMENTE PERDONO A LORO!”. Ho notato molti degli avventori che erano assolutamente in accordo con le mie rimostranze e in disaccordo completo con il ragazzo dei caffè, mentre la cassiera e il personale restante non ha battuto ciglio.

Mi chiedo però per quanto tempo dovremo sopportare delle angherie simili e, ricordiamoci, che in questo modo è iniziata anche la violenza contro etnie differenti e reputate MENO degne di calpestare il suolo dei bianchi. Tra quanti giorni autobus cinema e teatri con sedili discriminati per i negri, dato che già esistono bar in cui NON SONO ACCETTATE PERSONE con colore della pelle diverso dal nostro? “

Articolo a cura di Massimo Ferrario

Fondatore de La Casa del Riuso

La Casa del Riuso è un’associazione senza scopo di lucro nata a Rozzano nel 2013.
La nostra mission è creare valore condiviso dando nuova vita alle cose, sostenendo il lavoro e la dignità delle persone.

Crediamo che ogni persona meriti una seconda opportunità: per questo siamo impegnati nel reinserimento lavorativo, dando la possibilità a chi collabora con noi di imparare un mestiere e di essere di nuovo competitivo sul mercato del lavoro.

Crediamo che anche gli oggetti meritino una seconda vita: per questo recuperiamo e ricicliamomateriali di scarto, mobili e complementi di arredo, li rinnoviamo e li rimettiamo sul mercato a prezzi ribassati. Diamo loro una nuova forma, aiutiamo l’ambiente e permettiamo a chi è in difficoltà di arredare casa.

La visione degli oggetti in vendita è possibile tutti i pomeriggi dalle 14,30 alle 18,00 ed il sabato dalle 10,00 alle 12,00 e dalle 15,00 alle 18,00, presso il capannone in Via Ariosto 20 a Rozzano.

Per appuntamenti si può contattare il numero 328 6080032 oppure mandare una mail all’indirizzo: info@lacasadelriuso.com

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Il lavoratore che assiste una persona disabile , ha il diritto di essere trasferito in una sede più vicina al domicilio della persona presso la quale presta assistenza.

La possibilità di poter scegliere di lavorare nella sede più vicina al familiare da assistere, non vale solo per l’inizio del rapporto lavorativo, ma anche durante lo svolgimento dello stesso, anche in seguito a trasferimento.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione in una recente sentenza.

Il caso nasce dal ricorso di un lavoratore che aveva chiesto al proprio datore di lavoro di poter scegliere la sede lavorativa più vicina al comune presso il quale viveva la sorella che necessitava assistenza.

Il datore di lavoro aveva rifiutato e da qui è cominciato l’iter giuridico.

La prima sentenza era stata negativa, anche se il giudice aveva ordinato il trasferimento del lavoratore in una delle sedi disponibili vicino al comune dove abitava la sorella, ma la Corte d’Appello aveva dato ragione al lavoratore.

Decisione confermata dalla Cassazione.

La Corte ha sottolineato che il diritto di un “genitore o familiare lavoratore che assista con continuità un parente o un affine, entro il terzo grado, handicappato, ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio.

E’ applicabile non solo all’inizio del rapporto di lavoro mediante la scelta della sede ove viene svolta l’attività lavorativa, ma anche nel corso del rapporto, mediante domanda di trasferimento.

La ratio della norma è infatti quella di favorire l’assistenza al parente o affine handicappato, ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all’epoca dell’inizio del rapporto stesso”.

Inoltre, “circoscrivere l’agevolazione in favore dei familiari della persona disabile al solo momento della scelta iniziale della sede di lavoro, come preteso dalla società ricorrente, equivarrebbe a tagliare fuori dall’ambito di tutela tutti i casi di sopravvenute esigenze di assistenza, in modo del tutto irrazionale e con compromissione dei beni fondamentali richiamati nelle pronunce della Corte Costituzionale”.

Articolo a cura del Dr. Lorenzo Edera – ASST Pavia

(Fonte Studio Cataldi – Quotidiano Giuridico)

Se la fede si misurasse dal rispetto dei precetti delle religioni, probabilmente saremmo tutti atei, oppure, se per essere sportivi bastasse guardare i programmi televisioni dedicati allo sport, molti di noi sarebbero dei grandi atleti.

Così, purtroppo, è anche per lo Stato, troppe volte confuso e nascosto, offuscato, frainteso con la burocrazia. Una burocrazia che ci soffoca, ci assilla, si autoriproduce, che non ha più una finalità pratica, se non quella di annientare il cittadino e di far sentire importante chi in quel momento sta seduto dall’altra parte della scrivania.

E questo è ancor più ridicolo, perchè chi è in questa posizione è il primo a lamentarsi, a essere insoddisfatto, ma poi quando tocca a lui nell’esercizio delle sue funzioni ad esercitare il buon senso, a doversi ricordare che la burocrazia dovrebbe essere al servizio dei cittadini e non viceversa, vuole il rispetto ottuso delle procedure, anche quando queste hanno perso qualsiasi connessione con l’argomento, con l’azione e l’aspetto pratico che dovevano supportare.

Un esempio pratico: recentemente mi è capitato di recarmi presso l’area ecologica del mio comune, dove sono sempre andato fino ad un mese prima senza problemi, e mi sono sentito dire che non potevo più recarmi li con un furgone ma solo con un'”auto”, che così prevede la legge e che il mio comportamento era a rischo di “penale”.

Quando ho provato ad obiettare che così si era fatto fino ad un mese prima e che nessuno si era preoccupato perlomeno di avvertire i cittadini (i siti web esistono anche per questo e possono fornire informazioni h/24) mi è stato detto in maniera lapidaria che “la legge non ammette ignoranza” e che se volevo disfarmi di materiale ingombrante che non stava nell'”auto” potevo prenotare il servizio sgombero del comune, cosa che ho fatto, e da fine gennaio mi hanno mandato al 7 marzo (come una TAC), ma soprattutto mi hanno detto che porteranno via non più di tre pezzi. Ma pezzi di che cosa non sono stati capaci di specificarlo.

Capite bene che una persona (cittadino) che sta a casa dal lavoro per poter rispettare gli orari dell’area ecologica, si vede respinto una prima volta perchè le disposizioni sono cambiate e non c’è stata informazione, viene accusato/minacciato di essersi sempre comportato male e contro la legge e quindi passibili di sanzioni anche penali, quando cerca di mettersi sulla “retta via”, trova a dover lotare contro lungaggini, inefficenze e “vacuità delle norme” come può reagire? Può amare il suo Stato – nel mio caso il comune che è una delle sue espressioni decentrate – ?

Stiamo attenti perchè è proprio questo il rischio occulto, ma non troppo, della burocrazia, farci allontanare dallo Stato, farcelo detestare e in questo modo lasciare il campo libero agli altri, a quelli moralisti e bacchettoni di facciata che poi invece le leggi e le regole non le rispettano ma voglionio farle rispettare agli altri, quelli che nelle intercettazioni telefoniche ci prendono tutti per i fondelli come “gli stupidi” che si attengono alle regole mentre loro fanno quello che vogliono.

NON FACCIAMOCI TURLUPINARE. NON FACCIAMOCI FREGARE. LO STATO È NOSTRO, LO STATO SIAMO NOI E QUANDO CI PROVANO, PROTESTIAMO, OBIETTIAMO, OCCUPIAMO. NON LASCIAMO SPAZIO A QUESTI INDIVIDUI, CHE TUTTO FANNO TRANNE CHE SERVIRE LO STATO… E TUTTE LE SUE DECLINAZIONI.

Articolo a cura di Claudio Fontana.