Il 3 novembre, da ormai svariati anni, viene celebrata la “Giornata internazionale delle persone con disabilità”.

Molti dei giorni dell’anno hanno ormai una dedica ad un argomento e questo dovrebbe servire a essere concentrati quel particolare giorno su di un particolare tema, per fare un bilancio della situazione raggiunta e stendere programmi per l’anno successivo fino alla prossima giornata dedicata allo stesso argomento.

E questo è il senso anche per la “Giornata internazionale delle persone con disabilità”, che oggi è diventata anche la “Giornata internazionale dell’inclusione”; certamente perché non ha senso discutere di un argomento che è anche un importante problema, se poi non si indicano e non si mettono in pratica le soluzioni che in questo caso è proprio L’INCLUSIONE.

Questa giornata non esiste da sempre ma soltanto da una trentina d’anni, per la precisione dal 1992 quando le Nazioni Unite l’hanno stabilita; in questi anni io ci sono sempre stato e vi posso assicurare che ce ne sono stati alcuni in cui in quel giorno non si è parlato d’altro, con iniziative teoriche e pratiche che hanno coinvolto l’attenzione dell’opinione pubblica di tutta Italia ma anche europea e internazionale. Altri invece, come mi sembra questo 2022, dove la giornata e l’’argomento a cui è dedicata, sono passati in sordina, in secondo piano. Non dico che non ci siano dei validi motivi a distrarci ma se esiste una giornata, una sola giornata, dedicata ad un tema, cerchiamo quel giorno di concentraci su di esso e di tirarne fuori il massimo per l’anno a seguire, soprattutto chi per motivi diversi, personali, professionali, familiari, è coinvolto ed immerso sempre e talvolta da sempre, in questa materia.

E anche se la giornata è ormai passata, ed è passata in sordina, non perdiamo l’occasione di riflettere sullo stato dell’arte di questo tema che a volte si riduce soltanto a delle dissertazioni terminologiche su se sia meglio disabile o portatore di handicap, mentre invece per tanti di noi è molto più “sostanza” perché tutti i giorni ci imbattiamo nei problemi che la mancata INCLUSIONE provoca.

Ma è proprio questa la parola magica INCLUSIONE, che può fare il miracolo se messa in pratica, lo può fare per la disabilità ma anche per tutte le “diversità” e siccome le persone che compongono il genere umano sono tutte diverse l’INCLUSIONE è la maniera che permetterà a tutti di vivere una vita compiuta, senza esclusione.

Claudio Fontana

Concrete Onlus

Assistere un proprio caro è qualcosa che accomuna sempre più persone, basti pensare che in Italia si contano oltre 8 milioni di caregiver familiari. Il caregiver familiare si differenzia per forma dalla figura del/della badante e spesso si pensa che si tratti della stessa cosa, Il caregiver è colui che si prende cura, assistendo e supportando un proprio familiare, nel delicato momento della malattia. Entrando nello specifico il caregiver familiare è una figura appartenente alla famiglia che si offre la sua assistenza in differenti, tra cui l’assistenza diretta attiva/passiva, mansioni burocratiche.

Le attività principali di assistenza diretta che il caregiver si può trovare a svolgere sono::

  • Igiene quotidiana;
  • Cambio del pannolone in caso di incontinenza urinaria o fecale.
  • Preparazione e somministrazione dei pasti.
  • Somministrazione dei farmaci.
  • Organizzazione di visite mediche e accompagnamento in ospedale o ambulatori medici
  • Gestione di pratiche amministrative e burocratiche.
  • Acquisto di ausili per incontinenza e protesi

La legge (DDL 1461) definisce il caregiver familiare come “persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18”

Caregiver requisiti:

Le uniche tutele legali attualmente riconosciute ai caregivers sono quelle contenute nella legge 104. Si tratta del godimento di permessi di lavoro per l’assistenza a un familiare non autosufficiente.

In questo caso sarà necessario rivolgersi innanzitutto all’INPS per il riconoscimento della grave disabilità dell’assistito e, solo in seguito, presentare la domanda al proprio datore di lavoro per ottenere i permessi di congedo.

requisiti necessari per essere riconosciuto come caregiver, contenuti nella legge 104, devono rientrare in una di queste specifiche:

  • essere convivente;
  • familiare convivente;
  • prestare assistenza continuativa (in forma gratuita o a contratto).

Caregiver agevolazioni

Il caregiver è entrato a pieno diritto nelle figure lavorative di lavori gravosi, questo ha permesso l’accesso ad indennizzi di tipo pensionistico. i caregiver da almeno 6 mesi e con almeno 30 anni di contributi sono una delle categorie che hanno diritto ad accedere all’Ape Sociale (Anticipo Pensionistico Sociale)

Le risorse attualmente investite hanno decretato che diversi fondi vengano destinati alle Regioni per ridistribuirle dando priorità in particolare a due categorie di soggetti:

  • i caregiver di persone con disabilità gravissima;
  • i caregiver di coloro che non abbiano avuto accesso alle strutture residenziali a causa delle disposizioni normative emergenziali.

Tutte queste risorse verranno destinate anche a programmi di accompagnamento, oltre al ricongiungimento del caregiver familiare con la persona assistita.

Nota di merito per l’Emilia per l’Emilia- Romagna è stata la prima regione ad aver approvato una legge su misura per la figura del caregiver

Nella Manovra 2021 ha fatto inoltre il suo debutto, con uno stanziamento di 30 milioni di euro all’anno per il triennio 2021-23, una sorta retribuzione del lavoro domestico fruibile sotto forma di deduzione integrale delle spese sostenute per il lavoro di caregiver.

Concrete Onlus

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È da poco passata la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità, ed è sempre bene fare passare qualche giorno prima di esprimersi su un fatto.Le parole e le immagini devono sedimentare, avere un tempo e uno spazio in cui decantare per poi lasciarci modo di formulare un nuovo pensiero, un pensiero nostro e che magari non abbiamo ancora incontrato altrove.Ecco: quest’anno, così come in tutti gli anni precedenti, sono state molte le parole dedicate a questa giornata e anche molte le aziende che si sono spese per affrontare il tema, MA… c’è un ma.

Da persona disabile che ha una vita normale con una quotidianità comune a tanti, mi sento sempre poco rappresentata da questa giornata e dai discorsi costruiti attorno.Le parole dedicate allo sport e alle paralimpiadi sono come al solito innumerevoli: sembra sempre che chiunque abbia una disabilità pratichi (o debba praticare) uno sport o che, se non lo fa, deve assolutamente puntare tutto su quello.

ATTENZIONE: non voglio mettere in dubbio la positività degli sport e la loro capacità di portare rinascita e nuova energia (soprattutto se la disabilità deriva da un improvviso trauma fisico), però credo anche che la vita di una persona disabile non si riduca esclusivamente allo sport.Ci sono moltissimi altri aspetti non indifferenti che coinvolgono le persone con disabilità e che non vengono affrontati, o se si parla di certe questioni viene fatto in modo marginale.Credo che questa sia una grande sconfitta per tutti, perché la tanto desiderata “INCLUSIONE” , a mio avviso, si può realizzare se una persona viene considerata in toto e non solo in una dimensione (in questo caso quella sportiva). Perché, ad esempio, non si parla mai di “lavoro e disabilità”? O perché non si vede una rappresentanza politica che rispecchi e rispetti davvero chi si fa promotore di certe battaglie?In Italia chi ha una disabilità viene sempre captato come oggetto passivo e MAI come soggetto attivo, e finché non cambierà questo ho paura che di progressi ce ne saranno ben pochi.

Sara Riccobono

Concrete Onlus

Vi sarete accorti che mi piace sempre incominciare con un riferimento musicale: “perdono, perdono, perdono…” diceva il ritornello di una canzone di Caterina Caselli degli anni ’60; era lei chiedeva il perdono.

Certamente oggi ci sono molti che dovrebbero chiedere perdono: chi si è dimenticato dei disabili, degli anziani, dei più fragili o al massimo li mette all’ultimo posto; chi tradisce la fiducia degli elettori che l’hanno votato perché portasse avanti un certo programma ed invece non solo il programma non va avanti ma se lo trovano addirittura in un altro partito; perdono in ginocchio da chi non ha ben presente che non c’è nessun merito ad essere nati benestanti, in un paese occidentale, sani e bellocci andandosene in giro tronfio con il petto gonfio girando la testa se qualcuno ha fame, soffre o sbarca sulle nostre spiagge.

Ma non è della “richiesta di perdono” che vi voglio parlare oggi ma dell’”offerta di perdono” che dobbiamo essere sempre pronti a donare, di nostra iniziativa, anche a chi non lo chiede, chi non lo vuole, chi non sa neanche cosa sia. Perché questo perdono che noi offriamo spontaneamente, volontariamente fa bene soprattutto a noi che lo doniamo, ci rasserena, ci fa stare in pace con il mondo, ci fa affrontare le situazioni in una maniera più lucida….. il perdono è la nostra vittoria.

E ancora di più e prima di tutto la capacità di perdonare noi stessi: quante volte non riusciamo ad uscire dal loop di una situazione perché rimuginiamo sul passato, ci diciamo “se non avessi fatto, se non avessi detto…”, e rimaniamo immobili, imbambolati mentre tutto il resto va avanti, si muove e ci lascia indietro.

Se impariamo a perdonare eliminiamo o limitiamo il dolore, fisico e della mente; troviamo l’energia per ricominciare di nuovo, “shocchiamo”, disorientiamo gli altri con il nostro comportamento. Quando tutto sembra perduto in una gara sportiva, disorientare l’avversario è spesso una “buona chance” per ribaltare la situazione o perlomeno di farsi ricordare dal “pubblico”, che sono gli altri nella nostra vita.

Pensiamo all’esempio del Ruanda, un paese distrutto dal genocidio nel 1994, che quasi subito capisce che la soluzione in una situazione così estrema è SOLO IL PERDONO: si elimina quasi subito la pena di morte e dopo 20 anni da questo terribile evento, decide che non ha più senso tenere le persone in prigione, bisogna dar loro una prospettiva e dare un insegnamento a chi ancora poteva provare rancore e voglia di vendetta: APRE LE CARCERI E INVENTA IL PERDONO DI STATO!

E mi stupisco di essere qui adesso a sottolineare una cosa che è così evidente, “lapalissiana”, ma che purtroppo nella mente contraddittoria del genere umano non è ancora riuscita a mettere radici: il perdono ci fa stare meglio, ci fortifica, ci cambia la vita.

E ricordate che il perdono non ha quasi mai una base razionale, un calcolo, anzi se mira ad ottenere qualche cosa negli altri sbaglia il suo obiettivo e rischia di farci avere delle delusioni ancora più forti. Il perdono è irrazionale, istintivo, spontaneo, inarrestabile come l’amore, è un regalo appunto, una cosa che si offre PER-DONO.

E volendo chiudere con un motto, che spesso aiuta a ricordare meglio le cose possiamo dire: NON SANNO COSA PERDONO QUELLI CHE NON CONOSCONO IL PERDONO.

Claudio Fontana

Concrete Onlus

Da poco più di due settimane si è insediato il governo Meloni, il 68° esecutivo della Repubblica Italiana, che porta con sé nuove figure istituzionali e nuovi progetti su cui lavorare. Tra i vari volti troviamo Alessandra Locatelli, già precedentemente ministra per la famiglia e le disabilità nel governo Conte (per soli 2 mesi) e ora ministra per le disabilità per il governo Meloni. Ovviamente quando c’è un passaggio di consegne non si riparte mai da zero, ma si ereditano parti di un lavoro che qualcuno ha già svolto ed è bene proseguire cercando di raggiungere obiettivi sempre più alti. Questo riguarda proprio il caso del “progetto S.T.A.I”: con il decreto n. 8036 dell’8 giugno 2022, il dirigente dell’Unità Organizzativa disabilità, volontariato, inclusione e innovazione sociale Roberto Daffonchio firmava per un progetto incentrato sul turismo accessibile che ora è arrivato nelle mani della ministra Locatelli e dei suoi collaboratori.

“S.T.A.I” è infatti l’acronimo di Servizi per un Turismo Accessibile e Inclusivo, e questo progetto può essere davvero una grande occasione per iniziare a cambiare le cose. Il termine ultimo per presentare la domanda e la relativa documentazione era fissato al 30 giugno 2022, ed era rivolto agli enti pubblici, agli enti del terzo settore, alle organizzazioni di volontariato, alle associazioni di promozione sociale e a molte altre realtà che si occupano di inclusione e di persone disabili. Con più di 2 milioni di euro destinati a questo progetto si ha la possibilità di rovesciare un sistema turistico ancora troppo obsoleto e discriminatorio, che non solo non tiene conto delle persone con disabilità ma solitamente ne limita fortemente l’accesso sia alle strutture che alle attività che gravitano attorno.

Come riportato sul sito della regione Lombardia:
“Si tratta di una progettazione innovativa basata sui temi dell’accessibilità universale, dell’inclusione, della salute e del benessere, e ha natura di progetto-pilota da testare nelle provincie di Bergamo e Brescia per poter essere poi esportato in altri territori lombardi e applicato ad altre tipologie di eventi e manifestazioni.”

La zona di riferimento è al momento quella lombarda con particolare interesse nelle province di Bergamo e Brescia, ma noi ci auguriamo che questo sia solo un inizio e che una simile progettualità si diffonda a macchia d’olio in tutta Italia. Gli obiettivi a cui si punta sono ambiziosi e più che mai necessari: dal favorire la presenza di turisti con disabilità e dei loro familiari, alla realizzazione di infrastrutture e all’organizzazione di servizi accessibili fino ad arrivare alla creazione di tirocini lavorativi per persone con disabilità (e quest’ultimo obiettivo è forse il più difficile da realizzare, avendo in Italia una cultura del lavoro ancora arretrata e abitata da pregiudizi nei confronti delle persone con disabilità come lavoratori partecipi e attivi).
Lunedì 7 novembre, a Sale Marasino la ministra Locatelli ha partecipato proprio alla presentazione di questo progetto di Regione Lombardia. «Entro la fine del 2023 – ha dichiarato la ministra- sono intenzionata a conoscere i progetti promossi da ogni regione per portare all’attenzione di tutti il tema dell’inclusione e dell’accessibilità universale.

La piena partecipazione delle persone alla vita quotidiana, così come previsto dalla convenzione Onu e dall’Agenda 2030, passa anche attraverso il riconoscimento di percorsi di formazione e lavoro che siano accessibili a tutti, ma anche attraverso l’accessibilità universale alla comunicazione, all’informazione, alla cultura e al turismo. Promuovere queste iniziative permette di diffondere – conclude – una maggiore attenzione alla cultura dell’inclusione e, più in generale, di mettere in luce quelli che sono i bisogni delle persone con disabilità e delle loro famiglie per dare loro risposte puntuali e adeguate».

Ci piace pensare che questa occasione non sarà sprecata, e che i soldi investiti guidino gli sforzi di tutti verso risultati ottimali e condivisi. Noi di Concrete ci occupiamo di viaggi da molti anni e sappiamo bene quante difficoltà ostacolino la buona riuscita di quest’esperienza. Viaggiare significa esplorare, conoscere nuove culture e nuovi luoghi, allargare i propri orizzonti e tornare a casa arricchiti da incontri e immagini che ci hanno cambiato. È davvero arrivato il momento di permettere a tutte le persone di godere di una simile esperienza, senza lasciare ricordi negativi ma solo il desiderio di ripartire ancora.

Sara Riccobono
Concrete Onlus