In cosa consiste l’ippoterapia e a cosa serve?

L’ippoterapia, ovvero i benefici effetti delle interazioni tra l’uomo e il cavallo, è conosciuta fin dai tempi in cui gli uomini addomesticarono i primi cavalli. Infatti già gli antichi, oltre ad utilizzare il cavallo come mezzo di trasporto per cose e persone, si erano resi conto di quanto montare a cavallo fosse d’aiuto nel contrastare alcune patologie e stati di malessere psicofisici. Ma fino ai giorni nostri si è sempre trattato di mere ipotesi formulate sulla, base di osservazioni empiriche.

I recenti studi permessi dalle nuove conoscenze e tecnologie della nostra società ci hanno permesso di comprendere quali siano i reali benefici apportati dall’ippoterapia e come essa funzioni.

Prima lezione, in sella alla dolcissima Honey!

Innanzitutto partiamo dal protagonista: il cavallo. Si stratta di un animale grosso, ma dal buonissimo carattere, una spiccata intelligenza e che presenta bisogni e necessità di accudimento. Coinvolgere un persona portatrice di handicap, abituata a farsi aiutare nelle azioni di tutti i giorni, nell’accudimento di un animale aiuta la persona a sviluppare la propria autostima, consapevolezza e spirito di iniziativa. Inoltre, per chi ha difficoltà di tipo cognitivo, avere a che fare con l’accudimento di un essere vivente aiuta a migliorare la concentrazione e a sviluppare una personalità più matura e responsabile.

Ma il movimento del cavallo presenta anche peculiari caratteristiche che portano a benefici fisici: l’andatura al passo simula il cammino dell’uomo in posizione eretta, quindi la persona con disabilità motoria ottiene una stimolazione sensoriale che porta ad un rilassamento ed allungamento dei muscoli normalmente contratti dall’inutilizzo prolungato.

Durante una gara di dressage.

La nostra segretaria Maria Rosa ha provato questa esperienza in prima persona per alcuni anni. Ecco il suo racconto:

Ho iniziato a fare ippoterapia perchè mi piacciono i cavalli ed avevo voglia di provare uno sport che mi rendesse libera e mi facesse stare bene. Infatti, già in precedenza e da piccola avevo avuto esperienze di prova coi cavalli, ad esempio nei villaggi vacanze che hanno anche un maneggio, e mi era piaciuto molto entrare in contatto con questo mondo. Frequentavo le sedute di ippoterapia una volta a settimana e, una volta acquisita sufficiente esperienza, ho partecipati anche a delle competizioni, conquistando degli ottimi piazzamenti.

L’equitazione mi ha dato la possibilità di ottenere un rilassamento alla schiena e alle gambe, infatti, con i muscoli rilassati ed allungati ero anche un pochettino più alta! Dopo il secondo anno di partecipazione alle lezioni, ho cominciato ad accompagnare l’ippoterapia con la piscina, il che giovava ulteriormente alle mie gambe.

Ricordi d’infanzia

Pronta per la gara!

La mia istruttrice mi aveva fatto fare delle staffe modificate appositamente per i tutori, in modo che potessi partecipare alle gare.

La mia esperienza è stata estremamente positiva fin dalla prima prova: ero in compagnia della mia istruttrice e di un altro ragazzo che portava il cavallo. Non avevo le briglie, ma avevo un comodissimo appoggio, da quale non mi volevo separare. Intanto, la mia istruttrice mi spiegava com’è il carattere dei cavalli e quali sono i comportamenti da tenere con loro. Avevo assolutamente voglia di continuare.

La mia cavalla si chiamava Honey ed era davvero dolce come il miele: molto calma e molto paziente, anche perchè era una cavalla anziana. Quando il terreno non era perfettamente piano, inciampava ed io mi sbilanciavo insieme a lei per non cadere, ma tenevo salda la presa e mi sentivo come la protagonista di un’avventura. Quando finivo la mia lezione di ippoterapia davo sempre uno zuccherino in premio a Honey per ringraziarla.

Articolo a cura di Maria Rosa Stassi e Luisa Cresti

Viaggiare è molto importante perché è una grande esperienza culturale e di apprendimento.

Chi non viaggia è ignorante, perché si ritrova ad avere una conoscenza solamente teorica delle cose e delle persone.
Diverso è guardare il Gran Canyon o il Colosseo in una fotografia e sperimentare il cammino sullo
Sky Walk con uno strapiombo di 1000 metri sotto i piedi o passeggiare sugli spalti dove 80.000
romani hanno applaudito il loro imperatore con il pollice verso.


Viaggiare vuole dire anche organizzare, superare difficoltà e imprevisti che ci formano, ci fanno
crescere e ci forniscono esperienze da utilizzare nella vita di tutti i giorni.
Importante è che il viaggio, alla fine, sia un’esperienza positiva, dalla quale ritorniamo con il
piacere di essere a casa e con la voglia, presto, di ripartire.
Ma nel viaggio noi non prendiamo soltanto da chi incontriamo sul nostro cammino ma diamo
anche moltissimo: quando noi viaggiamo noi portiamo noi stessi, diamo la possibilità a chi non può
spostarsi di incontrare un’altra parte di mondo attraverso di noi e questo è un gran dono che
possiamo fare agli altri.


Se questo è valido per tutti, ha un valore aggiunto per chi ha maggiore difficoltà a spostarsi, a volte
soltanto a mettere fuori il naso da casa sua.
PER QUESTO BISOGNA VIAGGIARE. VIAGGIARE E’ UN DIRITTO E UN DOVERE DI TUTTI NOI. NON È TANTO IMPORTANTE LA NOSTRA META: CIÒ CHE CONTA È IL VIAGGIO STESSO.

Articolo a cura di Claudio Fontana

A Lovere, sulle sponde a nord del Lago d’Iseo si trova l’Associazione Velica Alto Sebino (AVAS), associazione velica caratterizzata da un programma tanto bello quanto ambizioso: Avas #Unlimited.

Avas #Unlimited si prefigge l’obiettivo di rendere l’avventurosa esperienza di governare una barca sfruttando venti e correnti accessibile a tutti, ma proprio a tutti!

Infatti con questo speciale programma, l’AVAS propone all’interno del proprio programma anche dei corsi di vela rivolti a ragazzi e ragazze con disabilità o difficoltà motorie, il tutto seguito da istruttori specificamente formati e a bordo di barche attrezzate adeguatamente per permettere anche a chi ha problemi di deambulazione di poter veleggiare sul Lago d’Iseo in totale sicurezza.

Verso metà settembre l’iniziativa è stata celebrata con l’inaugurazione di una nuova imbarcazione: la vela di classe Meteor battezzata Avas #Unlimited, senza limiti, esattamente come si prefiggono di essere gli obiettivi dell’associazione. All’inaugurazione hanno partecipato i tre membri dell’equipaggio di Avas #Unlimited, la squadra disabili dell’Associazione Velica Alto Sebino composta da Stefano Delbello, Giuseppina Ferrari e Marco Pedersoli, insieme al coach Giorgio Zorzi.

La squadra, attiva da tre anni, ha cominciato fin da subito ad organizzare regate sul Lago d’Iseo, passando nel corso del 2016 anche sul lago di Garda. Nel 2017 ha conquistato il primo posto al Match Race di Venezia.

L’equipaggio Avas #Unlimited, vittorioso a Venezia

Stefano Delbello, membro dell’equipaggio dell’Avas #Unilimited e vicepresidente della Polisportiva Disabili Valcamonica, ci racconta com’è vivere l’esperienza della barca a vela, in un’intervista comparsa in un articolo di Sabrina Pedersoli per il giornale locale Araberara:
Vele e timone vanno regolati sempre all’unisono per non perdere velocità, bisogna sempre controllare la posizione delle altre barche, il meteo e soprattutto il vento, mai costante né per direzione né per velocità. Perciò è fondamentale decidere ed adattare continua la strategia per arrivare prima possibile alla meta prestabilita dal nostro coach, che sale con noi in barca o ci segue da un gommone.”

Il vento sul lago di solito arriva dopo mezzogiorno, quindi la mattina stiamo un paio d’ore nella palestra dei Canottieri di Lovere. Dopo aver messo in acqua la barca dobbiamo montare le vele e tutto ciò che serve a gestirle. L’uscita vera e propria si svolge dopo pranzo e può durare dalle due alle quattro (a volte cinque) ore, in base al vento”

“É uno sport più mentale che fisico, in cui contano soprattutto la reattività e sangue freddo in qualunque situazione, anche di emergenza, la concentrazione da mantenere a lungo e la coordinazione con gli altri membri dell’equipaggio, perché riduce tutti gli sforzi. In questo sport, come in tutto, bisogna adattarsi continuamente a situazione mutevoli, restando uniti fino a raggiungere l’obiettivo finale”.

La nuova imbarcazione classe Meteor, il giorno dell’acquisto

Si tratta quindi di uno sport decisamente avventuroso, in cui non mancano imprevisti come la mancanza di vento o il brutto tempo, che passano però sempre in secondo piano grazie ad un equipaggio affiatato ed unito verso un unico obiettivo!

La vela si rivela uno sport nel quale, se ognuno mette il 100% delle sue capacità, le disabilità si compensano e “spariscono agli occhi degli altri equipaggi”. La barca permette a chiunque abbia imparato come utilizzarla, di andare in autonomia dove vuole.

In regata possiamo giocarcela alla pari, e a volte fare un buon piazzamento, contro equipaggi di cosiddetti “normo”, che magari si rendono conto delle nostre disabilità soltanto al momento delle premiazioni.”, racconta Stefano.

La nuova imbarcazione, battezzata Avas #Unlimited, il giorno dell’inaugurazione

Insomma, un’iniziativa che ci piace davvero molto e stanno cominciando a porsi i primi passi per una futura collaborazione di Concrete con Avas per le giornate di vela aperta a tutti, organizzate da Avas insieme alla Polisportiva PHB di Bergamo che si svolgeranno la prossima primavera!

E a voi piacerebbe andare a provare e sentirvi velisti per un giorno?

Articolo a cura di Stefano Delbello e Luisa Cresti

Jobs Act, facilitazioni, start-up, sgravi, incentivi… ma il lavoro non decolla.

I dati dell’Istat dell’ultimo anno sono incoraggianti, ma non sono sufficienti: la disoccupazione è sempre sopra le due cifre.

Il fatto è che il lavoro non sembra essere la vera priorità, ma solamente “uno dei tanti punti nell’agenda dei nostri governanti”.

Probabilmente non abbiamo mai rifletttuto bene su che cosa sia il lavoro per le persone. Spsso si pensa che il lavoro e stipendio siano una equazione. Certamente avere un reddito è importante ma ci sono molti che hanno un reddito senza lavorare – quelli che vivono di rendita – e almeno atrettanti che lavorano senza da questo percepire un reddito, ad esempio i volontari o gli stagisti.

Il lavoro è molto di più, è il posto che noi occupiamo nella società, e quello che gli altri si aspettano da noi.

La disoccupazione giovanile è ancora al 37%

Nessuno si vanta di essere disoccupato, anche se più spesso dovremmo considerare tutte le nostre occupazioni e abilità e non riferirci soltanto a quelle fatte a pagamento.

Probabimente è nesessario un cambio epocale su questo tema, soprattutto oggi che la tecnologia si sostituicse sempre di più all’uomo riducendo la massa dei lavoratori e cocentrando la ricchezza nelle mani di pochi che pensano di non aver più bisogno degli altri.

Un cambio epocale che deve essere governato, dando a tutti un reddito che pemetta di vivere in maniera dignitosa e al passo coi tempi dove il lavoro/impegno sociale non sia per forza la misura del reddito.

Con questa visione il mondo, probabilmente, sarebbe molto diverso, per tutti e ancor di più per i disabili e le persone che sono oggi emarginate.

Articolo a cura di Claudio Fontana

Anche Il Giorno ha intervistato il nostro manager, Claudio Fontana, per quanto riguarda la scomoda questione relativa ad Uberblack, poiché, nonostante il decreto del Tar del Lazio, gli autisti dei servizi NCC continuano a subire onerose multe e fermi amministrativi che impediscono loro di lavorare.

Ecco un estratto dall’articolo de Il Giorno:

Secondo Fontana, infatti, il verdetto capitolino avrebbe dovuto modificare il comportamento dei ghisa del reparto specializzato «Frecce» nei confronti degli operatori di Ncc associati all’app californiana. L’amministratore di Concrete Onlus, in particolare, contesta che il fermo amministrativo sia sempre abbinato alla sanzione pecuniaria: «Il problema è che in uno Stato di diritto nessuno sconta la pena prima di essere condannato definitivamente, mentre invece per il fermo amministrativo delle autovetture non funziona così: scatta immediatamente nella sua forma più contenuta di due mesi e anche l’impugnazione davanti al giudice di pace è inutile perché anche se avrà esito positivo ci vorranno sempre più di due mesi per avere il dispositivo».

Interessati ad approfondire la questione?
Trovate l’articolo completo qui.