Ogni quattro anni, nel mese di giugno, si da l’inizio ad uno degli eventi più attesi, seguiti ed amati di sempre: i Mondiali di calcio. Non c’è persona di età, sesso, entnia, religione, stato sociale che non abbia la tentazione di mettersi davanti allo schermo e guardare il mondo sfidarsi a suon di goal.

Ahimè, quest’anno gli italiani dovranno puntare su altre squadre a causa della mancata qualifica, ma non per molto, non tutti gli azzurri sono rimasti a casa: ad ottobre, l’Italia potrà ancora sperare di festeggiare come fece nel 2006, grazie al quinto posto ottenuto dalla nazionale di calcio degli amputati del CSI nel Campionato Europeo promosso dalla EAFF (European Amputee Football Federation) tenutosi in Turchia nell’autunno passato, che gli ha permesso di prendersi un posto ai mondiali 2018.
Dal 30 novembre al 7 dicembre 2018 il popolo italico potrà tornare a cantare l’inno di Mameli tifando gLli azzuri ai Mondiali di Calcio per Amputati, organizzati in Messico (a Culiacan) dalla WAFF (World Amputee Football Federation).

Per non farci trovare impreparati ecco alcune nozioni tecniche sulla squadra e le regole:
Le partite di calcio prevedono 7 professionisti in campo che giocheranno in due tempi di 25’ ciascuno; in totale parteciperanno 23 squadre; l’Italia è inserita nel Gruppo B con Messico, Polonia e Georgia.
Sono 12 i convocati azzurri per il Messico dal ct Renzo Vergnani: Daniel Priami, Riccardo Tondi, Luca Zavatti, Arturo Mariani, Gianni Sasso, Emanuele Padoan, Francesco Messori, Salvatore La Manna, Emanuele Leone, Stefano Starvaggi, Paolo Capasso, Salvatore Iudica. Oltre a loro volerà in Messico anche un arbitro del CSI, Marco Moreni.

Oltre che a voler tener alta l’astra del tricolore nel mondo calcistico internazionale, ognuno di loro ha trovato in questa iniziativa la possibilità di riscattarsi, raccontare la propria storia e mostrare al mondo che c’è tanto che non conosciamo ancora, ad esempio Daniel Priami, uno dei portieri più forti d’Europa, che il giorno prima di esordire in Serie D a 17 anni si ruppe radio e ulna: a causa di un’infezione i medici furono costretti ad amputargli il braccio, oltre al sogno di diventare un calciatore professionista; il calcio gli tolse tanto ma riuscì anche a ridargli la speranza, la passione e l’amore per la vita e di poter vedere il suo sogno di entrare nella nazionale esaudirsi.

La speranza di cantare “Popopopopopopo” non è stata rimandata ai prossimi mondiali tra quattro anni, ma solo a qualche mese di distanza, quindi a novembre, sosteniamo i nostri campioni azzurri E soprattutto apriamo i nostri orizzonti alla scoperta di un nuovo modo di giocare.

STAMPELLE AZZURRE, FATECI SOGNARE!

– articolo a cura di Lavinia Fontana

Domenica 17 Giugno siamo stati ospiti di AVAS (Associazione Velica Alto Sebino) a Lovere per una giornata di barca a vela accessibile. Con noi era presente anche Eleonora di Volley a Quattro Ruote. È stata una splendida avventura e questo è il racconto della nostra esperienza.

Arrivare a Lovere purtroppo non è stato molto agevole, poiché proprio quella domenica mattina si teneva una gara di corsa ad Endine, lungo la strada, portandoci a fare un’avventurosa deviazione lungo il fianco della montagna.
Appena giunte a destinazione, siamo subito state accolte da Stefano, nostro contatto, membro dell’organizzazione e vicepresidente della Polisportiva Disabili Valcamonica (anche loro partecipanti all’evento), che ci ha mostrato lo stallo riservato ai disabili dove poter parcheggiare comodamente l’auto e poi ci ha accompagnato all’accoglienza. Dopo essere state registrate, ci è stato consegnato un giubbotto salvagente a testa e poi ci siamo recate sul molo per la lezione teorica, necessaria a salire preparate a bordo delle imbarcazioni nel pomeriggio.

Durante la formazione mattutina ci sono stati insegnati i termini tecnici di base che occorre sapere quando si è a bordo di una barca a vela, compresi i nomi delle varie parti della barca, inoltre ci è stato spiegato anche come ci si comporta a bordo e le regole base della navigazione per sapere come comportarsi quando si incrociano altre imbarcazioni sulla propria rotta. Poi è stata fatta provare a tutti una prima breve esperienza a bordo di una superficie in movimento come può essere la coperta di una barca. Sia le persone in grado di stare in piedi che quelle in carrozzina hanno potuto provare a salire sulla barca, guidati attentamente dai volontari dell’AVAS.
Al termine della lezione teorica, ci siamo riuniti nell’hangar dell’associazione per pranzare tutti insieme con un pasto leggero ma ottimo, sempre offerto da AVAS. Nonostante fossimo davvero in moltissimi tra disabili ed accompagnatori, l’organizzazione di tutti i momenti della giornata è stata ottima. Abbiamo anche avuto la fortuna di trovare una giornata perfetta per navigare: soleggiata e con una leggera brezza al mattino, che nel pomeriggio si è sollevata in un vento un po’ più consistente grazie alle correnti fredde che scendevano dai temporali estivi sul fianco delle vicine montagne.

Essendo in molti, per l’effettiva uscita in barca a vela siamo stati divisi in due turni, in modo che tutti avessero la possibilità di provare a fare un giro sul lago. Noi siamo state assegnate al secondo turno e siamo salite a bordo di una barca a vela modello Surprise. Il nostro capitano, Giorgio, è un veterano della barca a vela (ed è ancora campione europeo, su diversi modelli di barca), passione mai abbandonata, nemmeno dopo un incidente che lo ha portato ad avere la gamba destra sostituita da una protesi: si muove con sicurezza e naturalezza a bordo dell’imbarcazione, si vede che è proprio nel suo elemento.

Giorgio ci spiega e ci insegna moltissime cose ponendoci continue domande e spronandoci a trovare da sole le risposte: è così che impariamo a governare il timone e a regolare la randa, ad orientarci sulla superficie del lago, a riconoscere i diversi tipi di nuvole (e che tipo di perturbazioni esse portino con sé) e a prevedere l’arrivo di una raffica di vento osservando le increspature sulla superficie del lago. A bordo della barca a vela tutti fanno parte dell’equipaggio ed ogni persona ha un ruolo importante. Dopo una decina di minuti di navigazione “guidata”, ci lascia condurre la barca in autonomia, dandoci solo qualche indicazione ogni tanto.
Arriva il momento di rientrare, ma Giorgio vuole fare le cose in grande stile, allora si fa lasciare timone e la scotta e, governando la barca in completa autonomia, ci mostra come andare a “dare fastidio” ad altre imbarcazioni: punta deciso come uno squalo la barca governata da Stefano e comincia a girarci intorno più volte, accelerando e rallentando, sfruttando le raffiche di vento e costringendo il compagno di squadra a fermarsi. Nel frattempo ci spiega come quando si naviga ed entra in gioco questo tipo di competizione giocosa ci si diverta molto, ed allo stesso tempo si migliori sempre più nel condurre la barca nella maniera migliore possibile, cosa molto utile specialmente in regata.
Dopo essere rientrati in porto ed aver attraccato, ci siamo riuniti ancora una volta nell’hangar per fare merenda tutti insieme con una fettona di anguria e qualche pezzetto di torta. Poi è arrivato il momento della foto di gruppo e dei saluti.

È stata una giornata tanto splendida quanto stancante, ma ne è valsa tutta la pena. Lungo la strada del ritorno (fortunatamente normale, essendo terminata la gara podistica) siamo spossate, ma molto felici. Grazie ancora all’AVAS per la meravigliosa avventura che ci ha permesso di vivere! È un’esperienza che consigliamo a tutti voi di provare e che non vediamo l’ora di ripetere!

Siamo felicissimi di potervelo annunciare in via ufficiale:

Il 17 giugno parteciperemo ad una giornata di vela accessibile organizzata dal’ AVAS – Associazione Velica Alto Sebino!
Siamo elettrizzati all’idea e non vediamo l’ora di salire a bordo di #AVASunlimited!
Se vi abbiamo incuriosito e volete sapere di cosa stiamo parlando, avevamo scritto su di loro in questo articolo.

Ecco la locandina dell’evento del 17 giugno:

Vi riportiamo un bell’articolo scritto da Guido De Vecchi per NOIlab Milano, laboratorio che si occupa di   creare una rete diffusa sui poli della città metropolitana di Milano, con particolare attenzione alle realtà abitative ed alle fragilità presenti sul territorio.

Dalla solitudine alla condivisione

I Quattro poli dellabitare sono nati dalla consapevolezza che la sfida della Casa per le persone con disabilità (ma non solo) possa essere vinta solo con un lavoro di rete sui territori, in profondo Spirito di servizio reciproco tra le realtà coinvolte.

Il modello di riferimento è un territorio delimitato nello spazio e nella storia locale, in cui agiscono vari attori dellassociazionismo della cooperazione e delle fondazioni sviluppando coesione sociale fra i cittadini che vi abitano,con particolare attenzione alle fasce deboli,in primis le persone disabili.

I poli mirano ad una dimensione che superi i confini territoriali, nel nostro caso, della città di Milano, entrando in una logica di città metropolitana che può facilitare le risposte alle persone disabili in questa grande area urbana.

I poli facilitano la rilevazione dei bisogni e la pianificazione delle risposte possibili, sviluppano collaborazioni fra le realtà dello stesso territorio, limitando “le solitudini”dei cittadini e delle organizzazioni, evitando ciò che si sta rilevando, cioè che la progettualità si sta sviluppando quasi esclusivamente sulla disabilità medio lieve con caratteristiche relazionali.

Un Polo può trovare il coraggio anche di attivare progetti in rete per fasce più complesse della disabilità creando sistemi di protezione economico/organizzativi per la realtà del terzo settore che si candida ad essere referente del progetto.

L’habitare diffuso

Nel polo si sviluppa  il concetto dellalbergo diffuso, modello mutuato dal settore turistico: labitare sociale diffuso, in un territorio definito lofferta abitativa è data da una rete di residenze non ubicate nello stesso spazio ma collegate fra loro, con stessi referenti amministrativi e gestionali.

Tale concetto nel mondo della disabilità  ci permette di collegare fra loro realtà abitative differenti (anche con pesi assistenziali diversi ) che si adattano al progetto di vita degli inquilini  creando economie di scala .

Nella riunione bimensile della rete Provinciale dellhabitare, le realtà trovano il momento di analisi, formazione e riflessione metodologica sui temi legati alla residenzialità e una visione macro dellazione, nei poli il momento gestionale, progettuale locale, di accoglienza delle famiglie del territorio,di promozione del volontariato.

Le proposte che nascono da queste aggregazioni territoriali,vanno riportate ai tavoli dei pdz di riferimento, tale raccordo con i pdz è indispensabile per evitare inutili sprechi di risorse e possibili sovrapposizioni.

“habitare diffuso” prevede quindi  una solida realtà territoriale di riferimento che funge da capofila e coordinamento:

1. una rete di abitazioni collegate css, microcomunità  rsd

2. alcune associazioni e coop in ats

3. la definizione di un territorio di riferimento controllabile con spostamenti non superiori ai 20 minuti in auto

4. una fondazione di partecipazione che lavori sulla coesione sociale, la raccolta fondi immobiliari e mobiliari a favore di tutta la rete degli stakeholders

Cosa mettere in rete?

1. le realtà che gestiscono o che vogliono gestire case su un determinato territorio

2. l’associazionismo del territorio

3. i gruppi spontanei

4. le famiglie del territorio

5. le agenzie di aggregazione (parrocchie, centri sociali, ecc…)

6. il consiglio di zona/il pdz

Per quale territorio?

indicatori per definire il bacino territoriale :

– appartenenza allo stesso pdz o a pdz limitrofi

– valutazione della rete viaria e dei trasporti che possa permettere una facilità di spostamenti

– un diametro del territorio non superiore ai km 6 per la città di Milano e 15 fuori città

– una centrale operativa di coordinamento: non è una sede fisica ma virtuale (centrale perchè punto di riferimento della rete del territorio coordinamento delle risorse sui servizi,definitore di accordi di collaborazione e utilizzo del personale e delle risorse necessarie all’assistenza, fra le varie realtà della rete.

**un esempio: sarà la centrale che definito un bisogno casa individuerà la risorsa di rete più vicina a cui chiedere l’invio del personale a domicilio, questo per i casi delle persone che vivono da sole, invio che proviene dalla residenza più vicina al domicilio del disabile.

I punti di forza

  • economie di scala
  • miglioramento delle capacità di collaborazione della rete
  • maggior senso di sicurezza degli ospiti che vivono soli
  • comunicazione più incisiva della rete sul territorio
  • attuazione di un sistema della residenzialità territoriale
  • formazione e reperimento del personale

Queste funzioni vengono svolte dal punto di coordinamento per tutta la rete con attenzione al benessere sia degli ospiti che dei lavoratori.

Trasporti – creazione d un servizio unico di trasporti sul territorio

Volontari – reperimento e formazione

Le risorse mobiliari e immobiliari di un territorio

Al fine di mettere al sicuro le risorse immobiliari e mobiliari della rete è necessaria la creazione su territori limitrofi per un bacino di c.ca 100.000 abitanti di una fondazione di prossimità che abbia come obiettivi :

  • l’intestazione delle risorse immobiliari utili alla gestione dei servizi
  • la promozione e la gestione della raccolta fondi pubblici e privati sia immobiliari che mobiliari per la rete.
  • L’eventuale gestione di amministrazioni di sostegno sul medio periodo in attesa dei risultati del progetto regionale ads

I nodi da sciogliere:

L’operazione di fondazione Cariplo di sviluppare in regione lombardia un sistema di fondazioni comunitarie legate a territori in media intorno ai 250000 abitanti che ruolo vorrà giocare su sistema casa per le persone con disabilità? 

Rispetto al tema dei beni immobiliari e mobiliari?

Si evidenzia il rischio che fondazioni territoriali per così tanti abitanti rischino di non poter rispondere alle esigenze delle nostre famiglie e dei donatori in generali di forte prossimità e possano diventare non centri di servizio ma di potere.

La soluzione intermedia potrebbe essere di lasciare alle fondazioni comunitarie l’ipotesi di ottimizzare il risparmio mobiliare dei donatori e delle famiglie delle persone fragili e lasciare,per contribuire alla fidelizzazione dei cittadini, la parte immobiliare alle fondazioni di prossimità ,da inserire nel sistema territoriale degli enti non profit che erogano servizi in rete con gli enti locali all’interno delle programmazioni dei pdz su territori non superiori ai 100000 abitanti, quindi in media per il nostro territorio, due distretti.

Elenco fondazioni comunitarie della provincia di Milano:

Fondazione Comunitaria Nord Milano

Tel 02 2484315

Fax 02 24301836

e-mail: info@fondazionenordmilano.org

web: www.fondazionenordmilano.org

? est milano probabilmente ubicata a trezzo d’adda

Fondazione Comunitaria della Provincia di Lodi Onlus

Tel. 0371 432726

e-mail: info@fondazionelodi.org

web: www.fondazionelodi.org

61  x 200000 abitanti

Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia Onlus

Tel. 0382 538795

Fax 0382 532854

e-mail: segreteria@fondazionepv.it

web: www.fondazionepv.it

500000 abitanti

Fondazione Comunitaria del Ticino Olona

Tel. e Fax 0331/442461

e-mail: info@fondazioneticinoolona.it

web: www.fondazioneticinoolona.it

54 comuni

 

Guido de Vecchi, Resp spazio residenzialità

Il senso della responsabilità sta diventando una qualità rara in Italia e nel mondo in generale. E il fatto ancor più grave è che sta diventando inversamente proporzionale alla posizione e alla carica che si detiene… ma non dovrebbe essere il contrario?

Campione di questo comportamento è Donald Trump che crede ancora di essere il miliardario sbruffone che può andare in giro ad insultare le persone e poi lasciare che il suo ufficio legale si occupi delle inevitabili querele.

Irresponsabili sono le varie cariche europee che lanciano commenti invasivi e destabilizzanti sull’Italia dimenticandosi quanto è “sensibile” il mercato e quanto sono pronti “gli avvoltoi della speculazione” ad approfittare delle loro uscite danneggiando non solo l’Italia ma L’Europa intera, di cui volenti o nolenti facciamo tutti parte.

Sconsiderati sono i due leader italiani che in questo momento hanno in mano il boccino delle nostre sorti che invece che “andare a punto” – continuando nella metafora bocciofila – cercano di “bocciare” per avvicinarsi al pallino ed invece vengono inevitabilmente “bocciati”.

Non prendiamo esempio da loro, non cerchiamo il glamour delle dichiarazioni sui grandi cambiamenti che non portano a nulla, che creano aspettative che non potranno realizzarsi, che creano frustrazione che aspirano a soluzioni semplici – quando la realtà è invece complicata – che portano al populismo, allo sfascismo e aprono la strada alla negazione della libertà, da qualsiasi parte venga.

Continuiamo a vivere la nostra “vita da mediano” che bada ai risultati, a non subire gol anzitutto e a costruire le azioni che dal centrocampo potranno portare al gol nella porta avversaria e allontano lo spettro dell’autogol.

In questi giorni di parole grosse e offensive, la metafora allarga gli orizzonti per chi vuole continuare a impegnarsi, a costruire… chi ha orecchie per intendere…

– articolo a cura di Claudio Fontana, socio fondatore