Ciò che ci spinge ad andare avanti
Chissà dove e in che modo, non ricordo bene, ma probabilmente durante il percorso scolastico, avevo letto che la parola “desiderio” era etimologicamente collegata alla parola latina “sidera”, cioè “stelle”, e questa cosa mi colpì moltissimo: “Allora i desideri ci vengono dalle stelle, in un certo senso!” ho pensato con entusiasmo, soffermandomi sul “de-”, leggendolo però in senso errato, e aggiungendovi “-sidera”; il vero significato letterale di quel “de”, infatti, è “mancanza, assenza di stelle”, che ancora io ignoravo… Ma poco male, il senso torna lo stesso: che cos’è infatti il desiderio, se non un’intensa aspirazione, una potente tensione verso qualcosa che ci manca? E se c’è qualcosa di lontano, affascinante, insondabile e meraviglioso, sono proprio le stelle…
Credo che nella vita tutti abbiamo bisogno di “motivazioni”, di scopi da raggiungere che ci spingano ad andare avanti, a non arrenderci, e ciò vale in modo particolare per le persone con disabilità, che di “mancanza” se ne intendono… A questo proposito, benché i sogni, e cioè i desideri più grandi, ci sospingano lontano, proiettandoci nel futuro, la vita vera, effettiva, si svolge nel presente, giorno per giorno; e quindi i desideri riguardano anche le piccole cose della quotidianità, che per una persona in difficoltà, come un disabile, specie se “sensoriale” o con ritardi cognitivi, non sono affatto scontate: poter decidere autonomamente, ad esempio, quale cibo mangiare, cosa indossare, incontrare gli amici, o dove andare in vacanza… Ebbene, a Reggio Emilia, nell’ambito dell’iniziativa “Reggio Emilia città senza barriere”, e per ora come sperimentazione unica a livello nazionale, è stato ideato qualcosa che permette alle persone con disabilità di realizzare proprio questo, e dunque di progettare una vita vera, secondo le loro scelte, che prosegua anche quando i loro genitori non ci saranno più: loro stesse o chi le rappresenta, come ad esempio un amministratore di sostegno, avranno a disposizione diversi incontri, affiancati da un accompagnatore, per redigere il loro “Pev”, “Progetto esistenziale di vita” (che potrà anche essere modificato, più avanti, in base agli eventuali cambiamenti di prospettiva esistenziale degli interessati); a questo punto tale progetto verrà esaminato da una commissione di tre persone, con competenze rispettivamente in campo legale, psico-sociale e medico-sanitario, e quindi depositato in un Registro pubblico all’ufficio dell’Anagrafe, per poi essere ripreso e tenuto in considerazione nel momento in cui, appunto, nella vita della persona in questione verranno a mancare coloro che si sono presi cura di lei fino ad allora, e che la conoscevano meglio. Perché anche chi è in condizione di disabilità possa scegliere personalmente come impostare la propria vita, raggiungendo quindi anche una certa indipendenza, non soltanto da un punto di vista economico e organizzativo, ma anche affettivo e sociale; tutti noi, infatti, anche se non ci pensiamo, abbiamo un’estrema necessità di sperare e di realizzare questi desideri, che pur essendo piccoli riempiono di senso la nostra vita, costituendone in sostanza l’aspetto più importante, ciò che la rende davvero degna di essere vissuta: un po’ come vedere e rendersi conto che, da lassù in alto nel cielo notturno, continua a splendere su di noi la luce delle stelle…
Vittoria Montemezzo
Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.