LA STORIA DI PAOLO E FRANCESCA
Forse pochi sanno o ricordano che Dante Alighieri, il celebre poeta e padre della letteratura italiana, durante gli ultimi anni della sua vita(dal 1317 al 1321), ancora in esilio da Firenze, fu ospite presso la corte di un certo Guido da Polenta -una frazione di Bertinoro, in provincia di Forlì- a Ravenna, della quale città questi era infatti il signore, nonché condottiero di parte guelfa: egli era riuscito a conquistarla nel 1275 con un colpo di mano, sottraendola ai Traversari, famiglia ghibellina sua acerrima nemica, grazie all’intervento in suo aiuto della cavalleria di Giovanni Malatesta; ma chi era costui? Non altri che “Gianciotto” -cioè “Gianni lo zoppo”, così chiamato a causa di una malformazione fisica che aveva dalla nascita, la quale, appunto, lo costringeva a zoppicare-, fratello di quel Paolo Malatesta che il “Sommo Poeta” collocò -suo malgrado- nell’Inferno (Canto 5°) e specificamente nel “Girone dei Lussuriosi”, insieme alla sua amata Francesca…figlia di Guido da Polenta! Insomma, a questo punto è opportuno fare un po’ d’ordine: Guido da Polenta, il signore di Ravenna che ospitò l’esule Dante alla sua corte, per ringraziare Gianciotto Malatesta dell’aiuto nella conquista della città, gli diede in sposa sua figlia Francesca -ricordata in seguito come Francesca da Rimini, proprio in quanto moglie di un membro della famiglia dei Malatesta, allora signori di Rimini; ella però venne ingannata, poiché alla corte di Ravenna le venne inviato come sposo “per procura”, al posto di Gianciotto, suo fratello Paolo, al contrario di lui bello ed elegante: lei fu quindi felice e convinta del suo “sì” fino al momento in cui scoprì la verità, cioè di essere diventata invece la moglie di Gianciotto… Il seguito di questa tragica storia, della quale Dante era venuto a conoscenza in qualità di ospite di questa corte, probabilmente è piuttosto noto: un giorno, narra il poeta, trovandosi Francesca e il cognato Paolo insieme a leggere un libro -e che libro! Quello in cui erano narrate le gesta di Lancillotto, il primo cavaliere del leggendario e britannico Re Artù, che proprio in quel passo baciava di nascosto Ginevra, la moglie di questi, di cui si era innamorato e che lo ricambiava-, i due non resistettero al loro simile amore reciproco e clandestino, e si abbandonarono anch’essi ad un bacio, sancendo così, purtroppo, la loro condanna a morte da parte di Gianciotto: il quale infatti, scoperto il tradimento, li uccise entrambi. Forse inutile dire che, in seguito a questo fatto, l’alleanza tra i Malatesta e i da Polenta venne meno…
LA COLONNA DELL’OSPITALITA’
Sotto al loggiato del Palazzo Comunale di Bertinoro si trova un’epigrafe in cui sono riportati alcuni versi del 14°Canto del “Purgatorio” di Dante, che attestano la sua ammirazione per il valore dell’ospitalità di questo territori; essi narrano, infatti, la storia di un certo Guido del Duca, giunto nel borgo con l’incarico di giudice: a causa delle violenze che si protraevano tra le famiglie nobili del luogo, egli decise di far erigere, insieme ad un altro nobile bertinorese suo amico, Arrigo Mainardi, una colonna di pietra con infissi dodici anelli di bronzo uguali tra loro, uno per ciascuna famiglia nobile, l’unica a conoscere il proprio specifico: quando un viandante fosse sopraggiunto in paese, avrebbe legato la sua cavalcatura o il suo bordone -lungo bastone ricurvo tipico dei pellegrini- ad uno di questi anelli, e così solo il destino avrebbe deciso da quale di queste famiglie egli sarebbe stato ospitato, evitando così le dispute tra di esse. Veniva a crearsi in questo modo un’occasione di pace per la comunità, basata inoltre sull’accettazione dell’”altro”, dello “straniero”. “La Colonna degli Anelli” si trova ancora lì, in Piazza della Libertà, e da allora, ogni prima Domenica di settembre, è la protagonista del Rito dell’Ospitalità, a confermare tale nobile predisposizione dei bertinoresi.
In sostanza, chi volesse “incontrare” la storia del “Sommo Poeta” a Bertinoro, oltre alla città stessa e alla sua caratteristica Colonna, potrà visitarne la Rocca millenaria -dal 2005 anche sede del “Museo Interreligioso”, dedicato alle tre grandi religioni monoteiste, Ebraismo, Cristianesimo e Islam-, nonché la suggestiva, antica Pieve di San Donato in Polenta, dove probabilmente, citando il poeta Giosuè Carducci, “Dante inginocchiòssi”, mentre la leggiadra, sfortunata Francesca “temprava gli ardenti occhi al riso” … Ancora oggi, su di un poggio nelle vicinanze di Polenta, s’innalza un cipresso in nome di lei, piantato dallo stesso Carducci, in sostituzione di quello originale, che era stato distrutto da un fulmine…
Vittoria Montemezzo