A Lovere, sulle sponde a nord del Lago d’Iseo si trova l’Associazione Velica Alto Sebino (AVAS), associazione velica caratterizzata da un programma tanto bello quanto ambizioso: Avas #Unlimited.

Avas #Unlimited si prefigge l’obiettivo di rendere l’avventurosa esperienza di governare una barca sfruttando venti e correnti accessibile a tutti, ma proprio a tutti!

Infatti con questo speciale programma, l’AVAS propone all’interno del proprio programma anche dei corsi di vela rivolti a ragazzi e ragazze con disabilità o difficoltà motorie, il tutto seguito da istruttori specificamente formati e a bordo di barche attrezzate adeguatamente per permettere anche a chi ha problemi di deambulazione di poter veleggiare sul Lago d’Iseo in totale sicurezza.

Verso metà settembre l’iniziativa è stata celebrata con l’inaugurazione di una nuova imbarcazione: la vela di classe Meteor battezzata Avas #Unlimited, senza limiti, esattamente come si prefiggono di essere gli obiettivi dell’associazione. All’inaugurazione hanno partecipato i tre membri dell’equipaggio di Avas #Unlimited, la squadra disabili dell’Associazione Velica Alto Sebino composta da Stefano Delbello, Giuseppina Ferrari e Marco Pedersoli, insieme al coach Giorgio Zorzi.

La squadra, attiva da tre anni, ha cominciato fin da subito ad organizzare regate sul Lago d’Iseo, passando nel corso del 2016 anche sul lago di Garda. Nel 2017 ha conquistato il primo posto al Match Race di Venezia.

L’equipaggio Avas #Unlimited, vittorioso a Venezia

Stefano Delbello, membro dell’equipaggio dell’Avas #Unilimited e vicepresidente della Polisportiva Disabili Valcamonica, ci racconta com’è vivere l’esperienza della barca a vela, in un’intervista comparsa in un articolo di Sabrina Pedersoli per il giornale locale Araberara:
Vele e timone vanno regolati sempre all’unisono per non perdere velocità, bisogna sempre controllare la posizione delle altre barche, il meteo e soprattutto il vento, mai costante né per direzione né per velocità. Perciò è fondamentale decidere ed adattare continua la strategia per arrivare prima possibile alla meta prestabilita dal nostro coach, che sale con noi in barca o ci segue da un gommone.”

Il vento sul lago di solito arriva dopo mezzogiorno, quindi la mattina stiamo un paio d’ore nella palestra dei Canottieri di Lovere. Dopo aver messo in acqua la barca dobbiamo montare le vele e tutto ciò che serve a gestirle. L’uscita vera e propria si svolge dopo pranzo e può durare dalle due alle quattro (a volte cinque) ore, in base al vento”

“É uno sport più mentale che fisico, in cui contano soprattutto la reattività e sangue freddo in qualunque situazione, anche di emergenza, la concentrazione da mantenere a lungo e la coordinazione con gli altri membri dell’equipaggio, perché riduce tutti gli sforzi. In questo sport, come in tutto, bisogna adattarsi continuamente a situazione mutevoli, restando uniti fino a raggiungere l’obiettivo finale”.

La nuova imbarcazione classe Meteor, il giorno dell’acquisto

Si tratta quindi di uno sport decisamente avventuroso, in cui non mancano imprevisti come la mancanza di vento o il brutto tempo, che passano però sempre in secondo piano grazie ad un equipaggio affiatato ed unito verso un unico obiettivo!

La vela si rivela uno sport nel quale, se ognuno mette il 100% delle sue capacità, le disabilità si compensano e “spariscono agli occhi degli altri equipaggi”. La barca permette a chiunque abbia imparato come utilizzarla, di andare in autonomia dove vuole.

In regata possiamo giocarcela alla pari, e a volte fare un buon piazzamento, contro equipaggi di cosiddetti “normo”, che magari si rendono conto delle nostre disabilità soltanto al momento delle premiazioni.”, racconta Stefano.

La nuova imbarcazione, battezzata Avas #Unlimited, il giorno dell’inaugurazione

Insomma, un’iniziativa che ci piace davvero molto e stanno cominciando a porsi i primi passi per una futura collaborazione di Concrete con Avas per le giornate di vela aperta a tutti, organizzate da Avas insieme alla Polisportiva PHB di Bergamo che si svolgeranno la prossima primavera!

E a voi piacerebbe andare a provare e sentirvi velisti per un giorno?

Articolo a cura di Stefano Delbello e Luisa Cresti

Jobs Act, facilitazioni, start-up, sgravi, incentivi… ma il lavoro non decolla.

I dati dell’Istat dell’ultimo anno sono incoraggianti, ma non sono sufficienti: la disoccupazione è sempre sopra le due cifre.

Il fatto è che il lavoro non sembra essere la vera priorità, ma solamente “uno dei tanti punti nell’agenda dei nostri governanti”.

Probabilmente non abbiamo mai rifletttuto bene su che cosa sia il lavoro per le persone. Spsso si pensa che il lavoro e stipendio siano una equazione. Certamente avere un reddito è importante ma ci sono molti che hanno un reddito senza lavorare – quelli che vivono di rendita – e almeno atrettanti che lavorano senza da questo percepire un reddito, ad esempio i volontari o gli stagisti.

Il lavoro è molto di più, è il posto che noi occupiamo nella società, e quello che gli altri si aspettano da noi.

La disoccupazione giovanile è ancora al 37%

Nessuno si vanta di essere disoccupato, anche se più spesso dovremmo considerare tutte le nostre occupazioni e abilità e non riferirci soltanto a quelle fatte a pagamento.

Probabimente è nesessario un cambio epocale su questo tema, soprattutto oggi che la tecnologia si sostituicse sempre di più all’uomo riducendo la massa dei lavoratori e cocentrando la ricchezza nelle mani di pochi che pensano di non aver più bisogno degli altri.

Un cambio epocale che deve essere governato, dando a tutti un reddito che pemetta di vivere in maniera dignitosa e al passo coi tempi dove il lavoro/impegno sociale non sia per forza la misura del reddito.

Con questa visione il mondo, probabilmente, sarebbe molto diverso, per tutti e ancor di più per i disabili e le persone che sono oggi emarginate.

Articolo a cura di Claudio Fontana

Attraverso la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal Parlamento Italiano con la Legge n.18/09, si promuove, protegge e garantisce il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e si promuove altresì il rispetto per la loro intrinseca dignità.
Siete d’accordo che la MOBILITÀ è una  libertà fondamentale?

Nelle nostre città e periferie italiane le persone con disabilità incontrano purtroppo ancora parecchi ostacoli che possono impedire di essere indipendenti o, senza esagerare, semplicemente semi-autonomi. Ecco i principali problemi che si incontrano.

Per molti disabili, sopratutto persone con gravi problemi fisici che vivono in periferia, dipendere da un familiare, un amico o un’ente preposto è un “MUST” per potersi spostare. Già dicendo ciò si può ben evidenziare il problema numero uno del doversi muovere: dipendere dalla disponibilità specifica di altre persone…

A questo punto una valida alternativa senza quasi alcun vincolo restrittivo di orario sono i servizi pubblici, in particolar modo nelle grandi città dove la rete dei mezzi si intensifica in numero e frequenza temporale; tuttavia prendiamo come esempio Roma per evidenziare la falla principale del servizio pubblico maggiormente riscontrato in Italia. L’art. 9 della legge n. 108/09 tratta dell’accessibilità. La capitale con più di 2 milioni di abitanti, prendiamo ad esempio, ospita solo 2 vere linee metropolitane per via della strutturistica della città e, in aggiunta a questa scarsità, non solo le stazioni che dispongono di accessibilità si possono contare sulla punta delle dita, ma addirittura spesso gli ascensori o sollevatori per accedervi sono in pessime condizioni o mal funzionanti così da impedire l’utilizzo dei mezzi.

 

Esistono dei servizi cosidetti complementari al servizio pubblico di linea ossia le categorie di TAXI e NCC. Questi hanno sì la facilità di poter raggiungere in breve tempo e comodità ogni destinazione richiesta, sebbene  gli utenti lamentino due grossi svantaggi: tariffe senza agevolazioni per disabili e un numero di veicoli accessibili ancora troppo basso rispetto alla domanda italiana sempre più in crescita.

 

In altre parti del Mondo, come ad esempio Germania e Regno Unito in Europa tra i primi, il concetto di veicolo non di linea pubblico o privato accessibile sta prendendo molto piede con grosse agevolazioni fiscali sia per l’utente inabile che per il fornitore del servizio che installa apposite modifiche sul proprio veicolo. A Londra i CABS neri con pedana per carrozzelle sono una realtà già ben nota da almeno 30 anni, mentre negli ultimi anni e l’adattamento alle APPs il servizio UBER ha lanciato il servizio WAV (wheelchair accessible vehicle).

E da noi? Quando potremo davvero trasformare la MOB-INABILITÀ in vera MOBILITÀ per tutti?

L’Italia ha intrapreso nell’ultimo decennio un percorso in crescita nel settore della mobilità accessibile e sostenibile dal bike sharing per paraplegici all’accesso ai voli aerei in sedia a rotelle, dalle stazioni ferroviarie sempre più piane alle APPs più innovative aperte a tutti.

Articolo a cura di Lucio Fontana

Quante volte vi è capitato di incontrare una persona non udente o con problemi di udito e ritrovarvi in serie difficoltà a comunicare con lei? In Nord America sono moltissimi gli autisti Uber con problemi di natura uditiva, così la società ha deciso di mettere a disposizione dei propri utenti una sezione dell’applicazione che offre lezioni di base per imparare il linguaggio dei segni, in modo da poter comprendere e comunicare efficacemente con gli autisti non udenti. Sull’applicazione si potranno infatti imparare i segni di base dell’American Sign Language, partendo dalle parole più semplici e di uso comune come Ciao e Grazie. Un video ci insegnerà anche come indicare il nostro nome.

L’iniziativa è stata lanciata in occasione del National Deaf Awareness Month, ovvero il mese dedicato alla consapevolezza verso la sordità. Già nel 2015 Uber aveva introdotto alcune funzionalità per supportare gli autisti con problemi di udito, vedi per esempio l’inserimento di una schermata lampeggiante per le richieste di viaggio al posto di ascoltare una richiesta vocale e permettendo loro di bloccare le chiamate degli utenti, consentendo solamente le richieste via testo.

Qui trovate l’articolo originale: http://www.pressin.it/leggi.php?idarticolo=53663

Articolo a cura di Luisa Cresti